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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2014 alle ore 09:22.
L'ultima modifica è del 02 agosto 2014 alle ore 10:37.

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Il sindaco della Capitale, Ignazio Marino, incassa il sì dell'Aula Giulio Cesare e porta a casa un bilancio di previsione 2014 da 6,5 miliardi. Un successo, come ha detto ieri. Non più una Roma «che chiede» ma a una Roma «prima della classe che vuole essere esempio per il resto del paese». Forse. Dopo un anno di legislatura dal percorso turbolento, un rimpasto di giunta sotto il pressing del fuoco amico del Pd, il primo cittadino vuole rimettersi in carreggiata. Ma il percorso resta in salita.

Il Campidoglio èmpegnato nel piano di rientro che dovrà riassorbire entro il 2016, uno squilibrio strutturale da 550 milioni. Il dossier è sul tavolo di Palazzo Chigi, e attende il via libera dell'Economia. In gioco ci sono le risorse messe sul piatto dal Dl Salva-Roma. C'è poi la partita della gestione del debito "pregresso", 14,9 miliardi. Che si potrebbe chiudere nel 2017. Ma le condizioni del commissiario Massimo Varazzani sono stringenti: lavorare rapidamente sulle tre grandi partite che sono «i debiti fuori bilancio, il contenzioso e gli espropri, che da soli valgono 1 miliardo».

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