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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2014 alle ore 07:04.
L'ultima modifica è del 05 agosto 2014 alle ore 08:24.

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Nell'intervento sul Sole di Domenica il sen. Mucchetti risponde alle mie critiche sulle riforme al codice civile introdotte all'interno di un decreto sulla competitività. Non mi sorprende. Pur avendo un'enorme stima per Mucchetti, sono consapevole che siamo portatori di due visioni diverse dell'economia. Mi stupisce maggiormente che Mucchetti sia in disaccordo con le posizioni da lui stesso espresse in passato.

Nel suo libro Licenziare i padroni? Mucchetti aveva biasimato il fenomeno delle piramidi societarie in cui, «investendo pochissimo al vertice, si può governare una grande massa di attività alla base». Citando Einaudi, Mucchetti ribadiva che con le piramidi «i soliti furbi comandano con il capitale degli ingenui». Oggi con il voto plurimo e le facilitazioni alla sua introduzione per le società già quotate, Mucchetti favorisce le piramidi societarie. Chiunque è libero di cambiare idea. Ma Mucchetti ci dovrebbe spiegare il perché. O invece Mucchetti distingue tra piramidi buone (quelle in cui i soliti furbi sono gli amici delle fondazioni) e piramidi cattive (quelle al cui vertici ci sono gli altri)? Come Einaudi, io non mi sento di distinguere tra padroni buoni e padroni cattivi. Ci sono solo istituzioni buone (che favoriscono l'efficienza economica) ed istituzioni cattive (che l'ostacolano). Per me le piramidi sono sempre cattive, sia che a capo ci siano i miei amici o i miei nemici.
Nella difesa dei suoi emendamenti, Mucchetti fa anche di ogni erba un fascio. La mia critica era focalizzata sulla deroga temporanea che consente alle società quotate di introdurre il voto plurilmo con maggioranza semplice. È come se si permettesse temporaneamente di modificare la costituzione italiana con procedura ordinaria. Se simile norma fosse introdotta in parlamento per decreto, Mucchetti sarebbe il primo ad urlare che si tratta di una "legge truffa". L'emendamento da lui proposto fa lo stesso per quanto riguarda il diritto societario. Perché non dovremmo chiamarlo emendamento truffa?

Mucchetti lo giustifica come protezione contro la possibilità che le istituzioni oggi hanno di votare anche quando hanno già venduto il giorno prima. Ma quanto importante è questo fenomeno? Quanto mina la stabilità delle aziende? Anche il lupo della favola di Fedro adduce una giustificazione per il suo assalto all'agnello («mi hai fatto diventare torbida l'acqua che sto bevendo»). La giustificazione del lupo era chiaramente pretestuosa (si abbeverava a monte dell'agnello), in che misura lo è anche quella di Mucchetti?
Per quanto riguarda gli altri aspetti del decreto (voto plurimo, loyalty shares, e riduzione della soglia per l'Opa obbligatoria) la mia posizione è più sfumata. Non sono ideologicamente contrario al voto plurimo, soprattutto se introdotto in imprese non quotate. Per le imprese quotate, invece, il voto plurimo rischia di accentuare i mali del capitalismo nostrano. È vero che la Svezia ha il voto plurimo. È anche vero che il valore del controllo in Svezia è solo il 7% del valore di un'impresa, perché, anche grazie alle leggi svedesi, gli imprenditori locali non possono abusare del loro controllo. In Italia, invece, il premio del controllo è del 37% e le azioni a voto plurimo non faranno che aumentarlo. È questa la direzione in cui vuole andare Mucchetti? Quali sono i benefici economici di questa iniziativa se non di proteggere la posizione traballante di qualche amico?

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