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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2014 alle ore 07:15.
L'ultima modifica è del 08 agosto 2014 alle ore 09:05.
L'ultimo default dell'Argentina rivolge ai policy maker alcune scomode domande. È vero che le periodiche crisi debitorie del paese spesso sono l'esito di politiche macroeconomiche auto-distruttive, ma questa volta il default è stato innescato da un sintomatico cambiamento di regime del debito sovrano internazionale.
Il cambiamento avvantaggia i creditori intransigenti che possiedono emissioni di titoli regolamentati dalla legge statunitense. Con il rallentamento della crescita dei mercati emergenti e l'aumento del debito con l'estero, le nuove interpretazioni giuridiche che rendono più difficili in futuro le svalutazioni contabili e la loro rinegoziazione non lasciano presagire nulla di positivo per la stabilità finanziaria globale.
In questa vicenda non ci sono eroi. Di sicuro eroi non sono le autorità politiche argentine che circa dieci anni fa cercarono unilateralmente di costringere i portatori di obbligazioni straniere a una massiccia quanto generalizzata svalutazione contabile.
Col senno di poi appaiono sprovveduti anche gli economisti che avevano strombazzato che "il consenso di Buenos Aires" costituiva la nuova via per amministrare le economie. Il Fondo monetario internazionale da tempo ha riconosciuto di aver erogato un prestito di troppo, nel tentativo di salvare l'insostenibile ancoraggio della valuta argentina al dollaro statunitense quando essa crollò nel 2001.
Non è questa la prima volta che l'inadempienza dell'Argentina semina scompiglio nei mercati internazionali dei capitali. Secondo l'analisi dettagliata che Carmen Reinhart e io abbiamo effettuato per il nostro libro del 2009 intitolato Questa volta è diverso, l'Argentina in precedenza ha fatto default in altre sette occasioni: nel 1827, 1890, 1951, 1956, 1982, 1989, e nel 2001.
A questo punto si potrebbe ritenere famosa l'Argentina per i suoi default tanto quanto lo è per le sue squadre di calcio, ma di sicuro non è l'unico paese al mondo a trovarsi in questa situazione. In teoria, tutti i paesi con un mercato emergente hanno sperimentato ricorrenti problemi del loro debito sovrano.
Da questo punto di vista, il Venezuela è attualmente il detentore del record dei tempi moderni, avendo vissuto dal 1826 a oggi 11 default e avendo buone probabilità di averne in serbo altri per il futuro. Nel 2003, in parte per reazione alla crisi argentina, l'Fmi propose un nuovo assetto per giudicare i debiti sovrani.
La proposta dovette però far fronte a una strenua opposizione proveniente non soltanto dai creditori che temevano che l'Fmi sarebbe stato troppo amichevole nei confronti dei debitori problematici, ma anche dai mercati emergenti che non previdero nessun rischio a breve termine per quella che ritenevano essere la loro affidabilità creditizia.
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