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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 16 agosto 2014 alle ore 16:53.

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Erano molti anni che un Papa non andava nel cuore del continente asiatico. Francesco vola in Corea del Sud per partecipare alla giornata dei giovani in un Paese dove la presenza dei cattolici è in crescita esponenziale ma con la preoccupazione crescente per la tragedia dei cristiani in Medio Oriente, tanto che proprio poche ore prima di salire sul volo ha scritto al segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, rinnovando l'appello urgente alla comunità internazionale per un intervento volto a porre fine alla catastrofe umanitaria in atto, in particolare nel Nord dell'Iraq, dove è in missione per conto del pontefice il cardinale Fernando Filoni, prefetto di Propaganda Fide.
Un contesto internazionale quindi estremamente complesso quello in cui parte il viaggio apostolico di Bergoglio, che sin dall'inizio del suo pontificato ha chiaramente indicato l'Asia come la una delle priorità pastorali "internazionali" della sua Chiesa: la Corea, l'intero subcontinente indiano (nel 2015 andrà in Sri Lanka e nelle Filippine), il Vietnam - dove ci sono quasi dieci milioni di credenti, e i negoziati per un accordo complessivo vanno avanti da anni - ma soprattutto la Cina, dove i circa 15 milioni di cattolici subiscono forti restrizioni, se non vere e proprie persecuzioni. Nonostante siano stati compiuti diversi passi in avanti negli ultimi anni, ad oggi appare ancora lontana una reale normalizzazione dei rapporti e ancor di più un reciproco riconoscimento diplomatico, assente dal 1951. Tuttavia da tempo si susseguono indiscrezioni sui giornali cinesi su un possibile futuro viaggio del Papa a Pechino, dove c'è grande stima per il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, artefice della distensione di qualche anno fa quando era sottosegretario agli affari esteri della Curia.
Un fatto rilevante è che queste indiscrezioni - segnala l'autorevole Asia Times nella rubrica Sinograph - non sono mai state smentite dalle autorità di governo, segno di un diverso clima, come lo è anche il permesso concesso a preti e credenti cinesi di potersi recare in Corea per partecipare alla visita papale, dove, oltre alla giornata dei giovani, sarà celebrata la beatificazione di 124 martiri. In ogni caso nel lungo volo l'aereo papale sorvolerà la Cina, e anche questa è una prima volta per un Pontefice.
Francesco quindi oggi arriva in una Corea del Sud - già visitata da Giovanni Paolo II nel 1984 e nel 1989 - dove la comunità cattolica, che cresce di 100mila battesimi ogni anno e rappresenta il 10% dell'intera popolazione (ma le stime la indicano addirittura al 20% già nel 2020, specie a Seul), è guidata da 4.500 sacerdoti, cui si aggiungono quelli che svolgono il loro apostolato in Cina: una realtà peraltro decisamente molto diversa da altre minoranze cattoliche. Infatti tra i convertiti una grossa fetta è rappresentata dagli "affluent", persone ad alto tasso di reddito e scolarizzazione, tanto che la Chiesa coreana si vanta di essere uno dei maggiori contribuenti della casse del Vaticano. Questa realtà multiforme è probabilmente frutto anche della storia della chiesa cattolica coreana, che ha un'origine "autoctona": non furono infatti missionari stranieri a portare il Vangelo, ma laici locali che si convertirono e avviarono le comunità.
Alle celebrazioni di Francesco non ci saranno fedeli della Corea del Nord: il regime di Pyongyang non ha rilasciato permessi ma il Papa di certo nei suoi discorsi farà riferimenti chiari alla divisione fra i due Paesi, che risale al 1953, dopo una sanguinosa guerra durata tre anni. La partenza di Francesco per l'Asia - all'aeroporto era presente il premier Matteo Renzi, con cui si è intrattenuto in un colloquio di qualche minuto sotto l'aereo Alitalia - ha anche un profondo significato "personale". Infatti molti anni fa, poco dopo essere stato ordinato sacerdote della Compagnia di Gesù, Bergoglio chiese ai suoi superiori di essere inviato missionario nel continente asiatico, dove la presenza gesuitica è sempre stata fortissima, da San Francesco Saverio a Matteo Ricci, fino a Pedro Arrupe e l'attuale superiore padre Nicolas: non fu mandato in Asia a causa della malattia polmonare che lo colpì in quegli anni, e che causò l'asportazione di un pezzetto di polmone. Oggi ci arriva da Papa, con l'intatta passione per le periferie del mondo.
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