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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2014 alle ore 14:29.
L'ultima modifica è del 17 agosto 2014 alle ore 14:56.

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Lo si è definito «il presidente della ricostruzione», Alcide De Gasperi (nella foto), di cui ricorre, il 19 agosto, il 60º anniversario della scomparsa.

Un titolo che lo statista trentino ha acquisito per la sua concreta e sagace opera di governo, durante gli otto anni, dal dicembre 1945 al l'agosto 1953, in cui fu ininterrotamente presidente del Consiglio, assecondando l'aspirazione degli italiani a ricominciare, un nuovo inizio, dopo le tragedie della guerra, per risalire dall'abisso in cui erano precipitati e tornare padroni del proprio destino.
Lungo questo complesso e difficile itinerario un'importanza cruciale ebbero gli eventi succedutisi nel corso del 1947 e inaugurati dal viaggio che De Gasperi compì in gennaio negli Stati Uniti. Si era fatto prestare dal segretario della Dc Attilio Piccioni un cappotto, non possedendone uno adeguato per l'incontro con il presidente Truman e altri appuntamenti pubblici di rilievo.
In America egli andò, non già per prendere ordini dalla Casa Bianca di estromettere dal Governo i socialisti e i comunisti, allora legati da un patto d'unità d'azione (come essi avrebbero poi sostenuto), bensì per negoziare un prestito dell'Exibanca di 100 milioni di dollari, destinato esclusivamente al riassetto delle principali imprese italiane.
A livello politico, i giochi erano ancora aperti dopo l'avvento della Repubblica e nel mezzo dei lavori per la nuova Carta Costituzionale. Non era invece più sostenibile la situazione economica, con le fabbriche ancora semi paralizzate dalla scarsità di energia elettrica, combustibili e materie prime; i trasporti stradali e ferroviari danneggiati in più punti; un rincaro dei generi alimentari di 20 volte rispetto all'anteguerra; le finanze pubbliche dissestate; un reddito nazionale talmente striminzitosi da risultare, in termini reali, pari a quello del primo quindicennio del secolo.

Perciò era stato solo una boccata d'ossigeno il prestito ottenuto da De Gasperi a Washington; il resto avrebbe dovuto provvedere il Governo: a bloccare un'inflazione a due cifre e ad assicurare un tetto a moltissime famiglie senza più un'abitazione nonché un sussidio a milioni di persone, giovani e reduci, senza un'occupazione.
Di fatto, fu questo lo scoglio su cui si infranse l'intesa nel governo tripartito fra democristiani, socialisti e comunisti. Occorreva porre mano, non già a un macchinoso "cambio della moneta", ma a un programma drastico di risanamento finanziario e di rigida austerità per scongiurare la bancarotta, che, seppur adombrato in un piano del ministro socialista, Rodolfo Morandi, le sinistre non se la sentivano di attuare assumendone le relative responsabilità presso i propri militanti e quadri sindacali.

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