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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2014 alle ore 09:08.

Dalla Grande guerra, durissima e drammaticamente divisiva per i trentini, ha imparato la diffidenza verso una politica non fondata sull'autodeterminazione e sulla autonomia dei popoli. E la diffidenza verso una politica che ha fatto del nazionalismo l'unico criterio di definizione della nazione. Per De Gasperi la politica è la costruzione dello stato democratico fondato su una visione del bene comune. (...)

De Gasperi ha sempre avuto il senso della complessità della storia e la passione per i diritti delle nuove nazioni (e in questo è uomo dell'ottocento) ma, da credente, da autentico cattolico sentiva la stessa passione per la dimensione universale dell'umanità. Per questi motivi è stato il leader più europeo dell'Italia del novecento. (...) De Gasperi, nel secondo dopoguerra ha fondato una nuova politica estera dell'Italia, un paese che aveva cambiato linea e alleanze troppe volte, con esiti anche tragici. La sua bussola ancora una volta è stata la sua visione di lungo periodo, nel mettere in primo piano la pace, sempre mirando verso orizzonti più ampi, meno provinciali.

È impressionante vedere il successo di De Gasperi tra il 1946, anno della "gelida" conferenza di Parigi e il 1951 quando fece il suo secondo viaggio trionfale negli Usa. In pochi anni ha mutato l'immagine dell'Italia, facendola diventare un grande paese occidentale e in qualche misura riscattandola dalle colpe del fascismo. A Parigi portò il peso degli errori di un regime che egli aveva combattuto e che l'aveva imprigionato, ma rapidamente seppe cambiare radicalmente il quadro di riferimento ponendo le potenze alleate dinnanzi ad una scelta politica inedita: la prospettiva di una Europa dei popoli e di una crescente cooperazione fra di loro. Una cooperazione politica a tutto campo che, tuttavia, per potere subito mostrare effetti concreti, partiva dagli interessi economici e produttivi, non in nome della paura, ma contro la paura e a favore dello sviluppo e del lavoro. Così facendo riuscì a porsi come il migliore alleato della Germania, aiutandola a camminare verso il futuro e non verso il passato.

Con l'aiuto di Schuman, che comunque ragionava soprattutto nei limiti della questione franco-tedesca, riuscì a fare della triangolazione tra Francia, Germania e Italia il nucleo di un motore politico inedito, efficace anche nel rispetto delle diverse posizioni geopolitiche. (...)De Gasperi ha colto prima di molti altri il valore della necessaria stabilità di governo tentando, anche contro l'opinione di forti correnti del suo partito, di rafforzarla in modo da essere in grado di affrontare scelte sempre più difficili e complesse. Scelte di fronte alle quali la sola forza dei grandi partiti di massa non era sufficiente. Troppo grandi erano infatti i pesi e i rischi della guerra fredda: per questo motivo egli fu sempre fedele ad una politica non di monopolio del potere ma di coalizione.

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