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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2014 alle ore 09:08.
All'Italia schiacciata dalla guerra fredda occorrevano governi resi stabili e forti da un'ampia convergenza di partiti. A questo obiettivo si orientava la proposta di una nuova legge elettorale maggioritaria, che non scattò per poche decine di migliaia di voti nelle elezioni del 1953 e che fu tanto criticata da essere definita "legge truffa". Essa, soprattutto con gli occhi di oggi, era invece altamente rispettosa dei principi di democrazia sui quali si era fondata la Repubblica e certamente molto più efficace e democratica di molte più recenti proposte.
De Gasperi fu inoltre lo statista di alleanze sempre mirate a precisi obiettivi: per la democrazia, anche con i comunisti e le sinistre; per la pace e la sicurezza con gli americani e gli europei; per il governo con le forze laiche, contro i clericalismi; per lo sviluppo con le parti sociali. Ma anche in favore dell'intervento dello Stato per promuovere una politica roosveltiana volta ad armonizzare stabilità e sviluppo. Con il faticoso salvataggio della lira ma anche con l'obiettivo di una forte alleanza tra ceti medi e classe operaia. De Gasperi cercava infatti di individuare le alleanze e gli strumenti più idonei per raggiungere gli obiettivi prioritari del Paese, anche se il perseguimento di questi obiettivi poteva creare l'opposizione di influenti gruppi di potere.
Questa scelta così complessa e raffinata di gestione del potere gli procurò forti opposizioni fino a fargli pagare prezzi politici di enorme peso.
Per De Gasperi infine il successo elettorale per il solo successo non era un valore. Ogni elezione in cui si impegnò era finalizzata ad un programma preciso riguardo all'evoluzione e al cambiamento del paese. Il consenso andava orientato dai progetti, non inseguito. L'Italia poteva essere ricostruita non con la coercizione di una guida illuminata di un uomo solo al comando, ma solo attraverso il progressivo allargamento delle basi democratiche dello Stato. (...)
Certo il mondo degasperiano non c'è più ma nemmeno quello americano; nuovi scenari sono dinanzi a noi e la direzione del vento politico ed economico è diversa: il vento soffia ora anche da Est e da Sud e non solo da Nord o da Ovest.
Per questo motivo anche se con scarso esito, continuo ad insistere sul fatto che l'Europa deve usare verso il Mediterraneo la stessa lungimiranza che ha esercitato verso il Nord o verso l'Est del nostro continente.
Oggi siamo più vicini di quanto crediamo alle sfide che De Gasperi dovette affrontare, anche se esse a molti non appaiono ancora così drammatiche. Siamo invece di fronte alla necessità non solo di una nuova forma di convivenza fra i popoli ma anche di una nuova ricostruzione: di un nuovo modello macroeconomico, di una nuova politica industriale.
Tutto questo si traduce nella necessità di rifondare dalle basi il sistema democratico. L'impresa è altrettanto pesante, se non addirittura più pesante, delle sfide che aveva di fronte De Gasperi. Ma insieme a De Gasperi, conserviamo l'idea che nulla è impossibile a noi e all'Europa se abbiamo la consapevolezza di quali sono i nostri problemi attuali. I problemi di una società che non sarà mai in grado di vincere le sfide della globalizzazione e delle nuove tecnologie se non in una dimensione continentale. Non una dimensione burocratica e di riaffermazione di prerogative nazionali ma nello spirito della cooperazione paritaria che costituiva il valore irrinunciabile dei padri dell'Europa. (...)
Le sfide di oggi, anche se in un contesto del tutto diverso, sono molto simili alle sfide di ieri e hanno quindi bisogno di leader che le affrontino con lo stesso equilibrio e con la stessa forza.
Ci sono oggi gli eredi di De Gasperi? La questione è stata dibattuta molte volte. La risposta non va tuttavia cercata solo in un singolo individuo ma nella forza delle idee. Alle quali si deve aggiungere la particolare capacità che un politico per essere qualificato come statista deve possedere: dire la verità alla propria gente; avere una visione coerente e competente della realtà; avere il senso supremo della responsabilità al di là della propria convenienza di parte politica e dalla propria prospettiva personale; non vivere per se stesso, ma per una prospettiva comune. Anche a costo di vedersi rifiutato. L'eredità di De Gasperi va infatti ben al di là dell'uso politico della storia e sta nella ostinata ricerca di soluzioni, a volte forzatamente provvisorie, ma sempre dedicate ad allontanare i miti populisti che sempre corrompono le fondamenta della nostra società.
Per questo motivo la figura di De Gasperi si ingigantisce nel tempo. Proprio come scriveva Pietro Scoppola quando,approfondendo gli studi sullo statista trentino, sosteneva che la figura di De Gasperi si era fatta ancora più grande nella distanza, come le montagne del suo Trentino, che solo da lontano mostrano tutta la loro forza e la loro bellezza.
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