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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2014 alle ore 09:48.
L'ultima modifica è del 20 settembre 2014 alle ore 10:02.
Confindustria e Autorità nazionale anticorruzione sono pronte a lavorare insieme per intensificare gli sforzi nella lotta contro ogni forma di corruzione e illegalità. Un impegno scaturito dall'incontro che c'è stato tra il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, il delegato della confederazione per la legalità, Antonello Montante, e il presidente dell'Autorità, Raffaele Cantone.
E che a breve si tradurrà in un primo passaggio operativo: entro un mese verranno introdotti provvedimenti anticorruzione nel Codice etico di Confindustria. È un ulteriore tassello di una strategia complessiva e consolidata, diventata un modello per il sistema imprenditoriale del paese, che ha alla base il presupposto "la legalità conviene".
«I comportamenti illegali danneggiano prima di tutto le imprese, perchè creano una concorrenza sleale che frena lo sviluppo della competitività e inquina la società civile. Non bisogna avere nessuna tolleranza per chi ricorre a facili scorciatoie», è stato il commento di Squinzi, dopo l'incontro. Già nell'assemblea di maggio aveva detto nella relazione a chiare lettere che chi corrompe non può stare in Confindustria e di voler alzare l'asticella dell'impegno confindustriale. «Confindustria è decisa ad impegnarsi per costruire una cultura della trasparenza a tutti i livelli. Con il presidente Cantone abbiamo registrato grande sintonia: noi ci siamo, siamo pronti a collaborare e a fare la nostra parte».
Un impegno che Cantone ha accolto «con grande entusiasmo. Riconosco a questa scelta un valore non solo simbolico, ma reale, con conseguenze molto utili sul piano culturale e pratico», ha commentato il presidente dell'Autorità. «È stato un incontro molto cordiale, ho verificato un interesse concreto di Confindustria su questa tematica».
Del resto Cantone aveva già espresso il suo apprezzamento per la battaglia di Confindustria già ai primi di settembre, in alcune occasioni pubbliche, ritenendo «fondamentale» che venisse utilizzato lo stesso modello applicato nella lotta alla mafia anche nei confronti della corruzione. «Sono convinto che ci sia bisogno di più elementi insieme: prevenzione, repressione, ma soprattutto una battaglia culturale. Se passa l'idea che la lotta alla corruzione può essere conveniente - erano state le sue considerazioni - c'è la speranza di avere qualche risultato».
Messaggio raccolto tempestivamente dal delegato per la legalità di Confindustria, Montante, che già nei giorni scorsi, in un convegno, aveva anticipato che sarebbero stati introdotti provvedimenti anticorruzione nel Codice etico: «a breve metteremo a punto un progetto serio. Lavoreremo - ha spiegato Montante - confrontandoci dentro il sistema di Confindustria per modificarlo e applicare alla corruzione lo stesso modello utilizzato contro la mafia. È una battaglia che ha funzionato anche se è sempre più difficile».
La lotta di Confindustria alla criminalità organizzata si è avviata dieci anni fa, nel 2004, proprio in Sicilia, contrastando in modo determinato la mafia di Gela e del Vallone. Nel 2007 è nato il primo Codice etico, sempre in Sicilia: chi si avvicina alle organizzazioni criminali viene espulso. Nel 2010 viene applicato a livello nazionale e nello stesso anno viene firmato il primo protocollo nazionale di legalità tra Confindustria e ministero dell'Interno.
Non è tanto una questione di aumentare le leggi, e in questa posizione Confindustria e Autorità sono in sintonia. Piuttosto, aveva detto Squinzi nell'assemblea di maggio, bisogna abbattere il «muro delle complicazioni», quel «muro invisibile fatto di opacità, tempi infiniti e autorizzazioni che diventano un favore e non un diritto». Serve un'assunzione di responsabilità, ed è su questa strada che si andrà avanti.
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