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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2014 alle ore 07:34.
L'ultima modifica è del 29 settembre 2014 alle ore 08:11.

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Sono tante le ragioni per cui Jorge Mario Bergoglio è stato il primo gesuita della storia a essere eletto Papa. Di certo una di queste è che nello statuto della Compagnia di Gesù è scritto chiaramente, per volere del fondatore Ignazio di Loyola, che i confratelli non devono accettare cariche ecclesiastiche, salvo rare eccezioni autorizzate dal vertice dell'ordine.

Ecco perché, nonostante i gesuiti siano da molto tempo il singolo ordine religioso più numeroso al mondo (i francescani sono di più, ma divisi in tre bracci distinti) figurano in misura minima tra le cariche e di vescovi e tantomeno di cardinali. Ma nonostante questo divieto la Compagnia, quando più la Chiesa aveva bisogno di risorgere dalla crisi profonda in cui era precipitata, ha espresso un Papa come Francesco, che sta attuando una rivoluzione facendo forza su due pilasti "di governo" propri dell'ordine di Ignazio: condivisione delle scelte e forte leadership. Con l'elezione al soglio pontificio di Bergoglio i riflettori del mondo si sono accesi sulla storia della Compagnia, che poi è la storia del mondo degli ultimi 500 anni. Il Sole 24 Ore da questa settimana offre una collana di dodici volumi monografici, curata da Michela Catto, a partire proprio dal fondatore, Ignazio di Loyola. Fu lui, il militare spagnolo convertito al cristianesimo, a plasmare una struttura che è risultata, tra luci e ombre, la più straordinaria macchina religiosa prodotta dall'uomo. L'americano Chris Lowney, ex gesuita e per quasi vent'anni banchiere alla Jp Morgan, ha tracciato un percorso per scoprire i princìpi della leadership secondo i gesuiti, un modello unico nel complesso panorama della Chiesa, ma anche di ogni altra organizzazione al mondo, sia economica che politica.

E Bergoglio, nel suo processo di riforma della Curia, sta cercando di riproporre un processo per quanto possibile analogo, dove è sempre il capo a decidere, ma dopo un approfondito processo di analisi dei problemi e proposte di soluzioni. Nelle prestigiose scuole di management i testi-chiave cambiano spesso, a seconda delle mode, ma dentro la Compagnia il testo forte è sempre lo stesso: gli Esercizi spirituali, elaborati da Ignazio. Ogni gesuita sa che non è un libro da leggere, ma una sorta di "piattaforma" per focalizzare il pensiero riflessivo sulla propria esperienza personale. Generazione dopo generazione ogni novizio ha intrapreso il cammino degli Esercizi, nati dal tortuoso cammino di Ignazio verso un'efficace leadership personale. Il suo fascino nasceva dall'abilità con cui sapeva aiutare gli altri a diventare leader: tutti ne hanno le potenzialità, un vero capo sa farle venire fuori. Fu lui a preparare personalmente i giovani confratelli: per un mese ogni giorno passava con ciascuno di loro un'ora. Trenta ore esclusive per ognuno. Questo sarebbe possibile oggi in una banca d'affari o in una multinazionale, entrambe entità paragonabili alla globalizzazione già raggiunta dai gesuiti dell'epoca? Sicuramente no, nessun alto manager vorrebbe spendere anche solo una frazione del proprio tempo in questo modo. Ma alla luce della storia viene da chiedersi: chi ha ragione?

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