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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2014 alle ore 08:14.
L'ultima modifica è del 30 settembre 2014 alle ore 08:53.

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Chissà se la Russia taglierà il gas giusto prima di Natale, lasciando al freddo milioni di europei? Niente come l'incombente crisi del gas fra Russia e Ucraina ha dimostrato senza mezzi termini che l'Europa deve rimanere unita e impegnarsi per ridurre la dipendenza dai fornitori esterni di energia. È anche per questo che è l'Unione europea, e non i singoli Stati membri, a moderare i colloqui sul gas tra Russia e Ucraina che si sono svolti a Berlino. Ma l'idea di un'Unione europea dell'energia, sostenuta ormai da molti governi ed esperti, va ben oltre la sicurezza dell'approvvigionamento e un coordinamento formale: è una nuova mentalità che ci impone di liberarci dalle vecchie abitudini e collaborare con spirito nuovo per affrontare tutti i problemi connessi all'energia, che si tratti di clima, competitività o creazione di posti di lavoro.

È questione innanzitutto di solidarietà e fiducia tra Stati membri: i governi dovrebbero mettere in atto procedure comuni di pianificazione per rispondere alle emergenze e garantire di poter far fronte ad una crisi.

In secondo luogo, il coordinamento deve essere reale: ogni Stato è libero di scegliere quale fonte energetica sfruttare o non sfruttare, e questo è normale. Ma un'Unione dell'energia implica che nessun governo sottoporrà al proprio Parlamento una legge che modifica radicalmente il sistema energetico senza prima consultare i partner su quali sarebbero le conseguenze sui loro sistemi e coinvolgendoli immediatamente nell'attuazione. Senza prevedere diritti di veto per nessuno, un tale coordinamento contribuirebbe ad evitare perturbazioni del sistema e migliorare la sicurezza.

In terzo luogo, occorrono investimenti congiunti: i governi dovrebbero coordinare i loro programmi e le condizioni di investimento molto più di quanto fanno attualmente, per dare agli investitori sicurezza e coerenza. Il motivo è semplice: per avere un sistema energetico efficiente è fondamentale disporre di un'infrastruttura sofisticata, sicura e solida su scala continentale.

In quarto luogo, bisogna sviluppare un autentico mercato dell'energia: questo significa che i governi devono smettere di ostacolare il mercato con misure artificiose volte a proteggere i propri mercati o le proprie società. Al contrario, devono creare le condizioni migliori per gli investimenti, proteggendo al tempo stesso i consumatori vulnerabili.
In quinto luogo, è importante parlare con una sola voce: quando dobbiamo negoziare grandi accordi energetici con i paesi vicini dobbiamo farlo insieme, come avviene da lungo tempo nei negoziati commerciali internazionali. Non vi è alcun motivo perché non accada lo stesso con l'energia. Al contrario, è persino più importante.
Il triste segnale di frammentazione che gli Stati membri stanno dando rispetto al progetto South Stream ne è un esempio: ci dovrebbe essere un dibattito a livello europeo che possa condurre a un accordo e a conferire alla Commissione il mandato di negoziare per conto dell'Unione europea nel suo insieme.
Qualsiasi misura meno ambiziosa darà risultati insoddisfacenti.
Per fare tutto ciò non occorre modificare i trattati, bastano alcune norme europee. Il tempo stringe, mettiamoci al lavoro adesso.

Günther H. Oettinger è vicepresidente della Commissione europea
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