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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2014 alle ore 14:26.
L'ultima modifica è del 13 ottobre 2014 alle ore 08:42.

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Questa sera al "Hampton Film Festival" c'è una proiezione "sold out". La prima di un film che parla di italiani. Delle molte luci fra tante ombre di un periodo tetro nella storia del nostro paese: il periodo in cui, in collaborazione con i nazisti, cominciò in Italia, il rastrellamento degli ebrei per mandarli a morire nei campi di concentramento.

Con una differenza rispetto ad altri paesi europei, moltissimi si sono salvati grazie alla comprensione, al coraggio, alla disponibilità di sconosciuti, persone comuni, celebrità, religiosi che hanno nascosto uomini, donne, intere famiglie. Il film, "My Italian Secret: The Forgotten Heros" ("Il Mio Segreto Italiano: Gli Eroi Dimenticati), diretto da Oren Jacobi, è un documentario che fra qualche giorno, il 16 Ottobre, debutterà anche in Italia alla serata inaugurale del Festival Internazionale del Film di Roma. L'intreccio narrativo ricostruisce gli eventi di allora, le paure, i drammi di molte famiglie attraverso testimonianze dirette di ebrei che si sono salvati o di discendenti di sopravvissuti e di testimoni diretti. Ma c'è una storia nella storia in questo film: è stato finanziato interamente da italo americani. L'Executive Producer è il leggendario banchiere Joe Perella (Perella Weinberg), con contributi di Mario Gabelli (Gabelli Fund) Ken Langone (fondatore di Home Depot) Mike Pascucci (imprenditore) Larry Auriana (mutual funds) e Maria Bartiromo, star del giornalismo economico americano.

In questo progetto c'è un ponte per il multiculturalismo e contro l'orrore dell'antisemitismo. Rievocare quei momenti oscuri quando ci sono rigurgiti antisemiti in Europa non può che aiutare a distinguere fra il bene e il male. Rivivere storie di compassione può aprire degli spiragli di comprensione fra chi vive di ignoranza e di slogan. «Mai abbassare la guardia contro l'antisemitismo o contro i pregiudizi razziali, vanno denunciati quando li vediamo» mi ha detto Joe Perella. C'è poi il ponte fra italiani, e italo-americani: «Abbiamo una forte legame con l'Italia, è il nostro retaggio, è la nostra cultura - continua Perella - Ci sono stati momenti in passato in cui ci hanno fatto sentire cittadini di serie B perché eravamo immigrati. Abbiamo voluto dimostrare il nostro legame positivo con l'Italia. È la nostra madrepatria e volevamo dare un contributo per diffondere la storia di come la nostra gente comune ha reagito al male». Parole che dichiarano un senso di identità e di orgoglio più forte di quello che molti italiani possono ricambiare nei confronti dei cugini d'America emigrati, se fortunati, con valigie di cartone tenute insieme da uno spago. Una coincidenza simbolica su questo punto? Domani l'America celebra il Columbus Day, festa nazionale americana dedicata agli italo americani. Ma quasi a rimarcare quanto in fondo ci importi poco di questa ricorrenza a New York alla parata non ci sarà dall'Italia nessun esponente del governo. La carica più elevata sarà il Presidente del Consiglio Regionale della Campania, Pietro Foglia.

Un'altra coincidenza simbolica: a Roma la proiezione del 16 ottobre coincide con il 71esimo anniversario del rastrellamento del Ghetto nel 1943. «L'idea di questo film è che se non restiamo indifferenti di fronte al male possiamo ostacolarlo - dice ancora Perella - Le storie di questi italiani sono esemplari. Il risultato: l'80% degli ebrei in Italia sono sopravvissuti all'olocausto». La voce di Isabella Rossellini racconta fuori campo molte delle atrocità. Si rievocano anche episodi di chi ha ceduto all'odio o a ingenti premi monetari denunciando gli ebrei ai nazisti. Ma l'apertura del film è su Gino Bartali il grande campione del ciclismo che salvò segretamente molti ebrei rischiando la vita della moglie e del figlio. La testimonianza è di Giorgio Goldenberg che vive oggi in Israele: «Bartali ha salvato le nostre vite - racconta commosso nel film - ci nascose in cantina». Riccardo Pacifici, il Presidente della Comunita ebraica di Roma rievoca con le lacrime agli occhi l'esperienza del padre bambino salvato dalla suore. E così via con decine di altre testimonianze dirette.

Ci sarà chi troverà in questo film toni troppo elegiaci per un periodo in cui il governo italiano ha partecipato al disegno nazista. Altri troveranno differenze sui numeri. Ma il film rappresenta una apprezzabile documentazione di individui. E forse, dopo 70 anni è più importante cercare di riunire che insistere sulle differenze, soprattutto oggi quando dagli stadi alle strade si ascoltano orrendi toni antisemiti. È una piccola minuscola minoranza, che va denunciata subito, come dice Perella, e chiamata a rispondere di questi attacchi razzisti che nel 2014 non hanno ragione di esistere. Chissà che il film di Jacobi non serva anche a questo.

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