Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2014 alle ore 06:44.
L'ultima modifica è del 16 ottobre 2014 alle ore 07:37.

My24

Un contatto tra il guanto protettivo e il viso: tanto è bastato all'infermiera spagnola Teresa Romero, probabilmente, per rimanere contagiata da ebola. Ed evitare ogni tipo di contatto tra guanti, tute ed equipaggiamento protettivo con il viso, in particolare occhi, naso e bocca, è proprio una delle indicazioni che l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dà al personale sanitario per evitare di essere contagiato. Dopo che le procedure di sicurezza sono state messe sotto accusa, l'Oms sul suo sito pubblica una serie di manuali e indicazioni su come proteggersi, rivolte a operatori e cittadini, specificando che se seguite in modo preciso, evitano il contagio. E il tema per stabilire se e quale violazione del protocollo di sicurezza abbia portato al contagio dell'infermiera americana, alla quale ieri se n'è aggiunta una seconda – Amber Joy Vinson di 29 anni – sempre dell'ospedale di Dallas (dove nei giorni scorsi è morto Eric Duncan, il paziente zero americano) è quello che ha spinto il presidente americano Barack Obama a rinviare il viaggio elettorale previsto in New Jersey e Connecticut per convocare un vertice d'urgenza su Ebola, al quale parteciperanno i responsabili di dipartimenti e agenzie che stanno gestendo l'emergenza. Decisione forse dettata anche dal fatto che da un sondaggio del Washington Post-ABCNews due terzi circa degli americani sono preoccupati che il virus si diffonda su larga scala, malgrado le ripetute rassicurazioni delle autorità statunitensi sulla sicurezza del sistema di assistenza e prevenzione sanitaria nel paese.

Pur consapevoli della letalità del virus, va ricordato che l'incidenza in Usa e in Europa è, a oggi, pari a un caso su 300 milioni. Dove invece l'epidemia continua a essere una reale emergenza è sempre in Guinea, Liberia e Sierra Leone, con 8.973 casi e 4.484 decessi. Per fermare la diffusione di Ebola la Gran Bretagna ha deciso di inviare la nave dalla Royal Navy "Argus", con a bordo fino a 100 letti e un equipaggio di circa 400 persone, tra cui 80 medici. La nave salperà venerdì da Falmouth, in Cornovaglia, diretta in Sierra Leone. Anche la Svizzera potrebbe inviare nelle regioni colpite dell'Africa occidentale un distaccamento di 90 persone tra militari e civili, tutti volontari, e fino a due-tre elicotteri, in appoggio alle autorità locali e alla missione internazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite. L'impiego di militari e civili sul posto dovrebbe servire anche ad aiutare gli Stati africani a potenziare il monitoraggio dei passeggeri in uscita, come suggerito dai tecnici della Commissione europea che al contrario non consigliano agli Stati membri di adottare controlli ai viaggiatori in arrivo dai Paesi colpiti dall'Ebola negli aeroporti o nelle stazioni.

E proprio oggi a Bruxelles nel vertice dei ministri della Salute Ue si discuterà della "tracciabilità" dei passeggeri che, provenienti dai paesi africani a rischio Ebola, dovessero giungere in Europa attraverso voli non diretti, ma che prevedono scali in altri aeroporti. La linea sostenuta a livello europeo sarebbe comunque quella di prevedere la possibilità di trattamenti medico-sanitari tempestivi in loco, ovvero in Africa, per gli operatori sanitari che dovessero risultare contagiati dal virus. «Da un punto di vista scientifico è questa l'unica soluzione per cercare di avvicinare allo zero il rischio di contagio: trattare i malati sul posto» commenta Maria Rita Gismondo, responsabile del Laboratorio di microbiologia dell'Ospedale Sacco di Milano, punto di riferimento anti-Ebola in Italia insieme allo Spallanzani di Roma.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi