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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2014 alle ore 07:02.
L'ultima modifica è del 29 ottobre 2014 alle ore 07:23.

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In estate, nelle discussioni sulla risposta occidentale alla crisi in Ucraina, si è spesso fatto riferimento agli investimenti immobiliari londinesi degli oligarchi come un'arma in mano al Cremlino per dissuadere il governo britannico dall'adottare sanzioni. Ma se questa è la preoccupazione, non c'è bisogno di scomodare i plutocrati: in Costa Azzurra, dove sono 20mila i residenti russi (sugli 80mila che si trovano in Francia), la maggior parte sono famiglie di classe medio-alta, in cui il capofamiglia spesso fa la spola con la madrepatria. Un esilio più o meno dorato giustificato dal minor costo della vita, soprattutto perché istruzione e sanità sono migliori che in Russia. Come lo sono clima, qualità dell'aria e protezione della proprietà private (e pure i corsi di pattinaggio in lingua costano meno!), gli stessi motivi menzionati in uno studio di Barclays sulla rapida crescita dell'emigrazione di cinesi abbienti.

Ovviamente sulla Promenade des Anglais o a Cap-d'Antibes non mancano i miliardari russi, che hanno accumulato fortune in modi più o meno trasparenti e alimentano il jet set della Riviera. Anche se a Londra il cespite più caro (Number One Hyde Park, a Knightsbridge) l'ha comprato un ucraino, Rinat Akhmetov, nel 2011, per 136 milioni di sterline. Mentre a Mayfair sono più numerosi gli indiani, soprattutto d'estate. Quando il caldo a Delhi o a Mumbai è insopportabile, inizia la transumanza verso St James's Park di migliaia di industriali, politici e stelle del cricket e di Bollywood, molto ricchi anche se meno che i fratelli Hinduja - ormai sudditi della regina, da cui hanno acquistato la propria residenza.

I brasiliani, invece, preferiscono Miami, dove dal 2011 sono la prima comunità straniera per numero di transazioni immobiliari, davanti ai canadesi (i venezuelani stanno crescendo rapidamente, peraltro). Anche in questo caso gioca la qualità della vita, soprattutto la debole criminalità e la relativa vicinanza), ma anche la bolla immobiliare delle grandi città brasiliane. Lo spagnolo resta la prima lingua straniera in Florida, però a viverci sono 250mila brasiliani e quasi 800mila a visitare e spendere (1,5 miliardi nel 2012), malgrado l'obbligo del visto. L'Australia è grosso modo sullo stesso fuso orario della Cina e si parla la lingua in cui ogni genitore desidera che il proprio (unico) pargolo venga educato. Sono più di 5mila le case vendute a stranieri nel 2013, per più di 5 miliardi di dollari autraliani. Dato l'amore dei cinesi per la cifra otto, 888 Collins Street a Melbourne è uno degli indirizzi più contesi.

Le conseguenze economiche, finanziarie e sociali di queste tendenze sono profonde. Se comprar casa in Occidente è sempre meno alla portata dei ceti medi, è anche perché la domanda della borghesia emergente alimenta le bolle create dalle diseguaglianze à la Piketty e dalle normative che rendono tanto difficile costruire nuovi immobili, soprattutto nelle grandi città come Londra e Parigi. Spesso gli stranieri investono in residenze secondarie o terziarie, col risultato che in certi quartieri poche abitazioni sono occupate. In teoria, in Australia gli acquisti di case da parte di non-residenti sono valutate dal Foreign Investment Review Board (Firb), che dovrebbe approvare solo quelli da parte di residenti temporanei. Ma le multe (85mila dollari) e il rischio di condanna alla carcere (nessun caso dal 2010, però) non appaiono dissuadere nessuno. Una situazione che inizia a preoccupare, tanto che il mese prossimo è atteso il rapporto di una commissione d'indagine parlamentare sul Firb.

Negli Usa l'abitudine brasiliana di pagare in contanti lascia molti perplessi. Come i cinesi possano disporre d'ingenti fondi all'estero, a dispetto dei controlli sui movimenti di capitale, non è chiaro. Sono sempre più internazionali i progetti più visibili, come Chelsea Barracks (Qatar Diar) o la centrale di Battersea resa celebre dalla copertina di Animals dei Pink Floyd (capitali malesi). In pochi, però pagano le imposte: la council tax britannica non è proporzionale al valore dell'immobile, mentre l'imposta di registro era fino a pochi anni facile da eludere. Ad Hong Kong per scoraggiare i flussi di capitale è stata introdotta un'addizionale al bollo che si applica solo ai non-residenti.

Anche sul piano politico le conseguenze sono molteplici. In Australia, chi attribuisce agli asiatici l'aumento del prezzo dell'immobiliare è spesso bollato come razzista. A Nizza, in compenso, il divieto di esporre bandiere estraniere che era stato proposto durante la Coppa del Mondo - quando l'Algeria si faceva strada - non si applica certo ai russi. Forse perché il primo consolato zarista aprì le porte nel 1749. In ogni caso, alla fine a contare saranno gli interessi intrinsicamente opposti di chi desidera che i prezzi rimangano alti e di chi invece vuole che la proprietà alla casa sia accessibile.

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