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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2014 alle ore 14:20.
L'ultima modifica è del 09 novembre 2014 alle ore 14:55.

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Il sistema bancario ombra, lo shadow banking, non smette di crescere senza sosta. A confermarlo è stata ieri Daniele Nouy, presidente del Consiglio di supervisione bancaria della Bce, che ha dichiarato come le attività finanziarie non regolamentate nell'eurozona siano raddoppiate dall'inizio della crisi, passando da 9mila miliardi di euro del 2006 a 19mila miliardi a fine del 2013.

Le cifre sono imponenti se si pensa che le 130 banche dell'eurozona sottoposte ai recenti stress test presentavano a fine 2013 attivi di bilancio per 23mila miliardi e che le attività giudicate a rischio (Rwa) e su cui si calcolano i fabbisogni di capitale per garantirne la solidità sono poco più di 11mila miliardi. Un confronto impietoso: le attività di centinaia di hedge funds; fondi monetari; dealers, veicoli speciali e cartolarizzatori, non sottoposti a regolamentazione esterna, valgono quasi quanto le attività di tutte le banche europee vigilate e quasi il doppio delle attività giudicate a rischio. Un paradosso. Mentre si chiede alle banche regolate un controllo rigoroso della loro solidità patrimoniale, c'è un mondo immenso della finanza che cresce a ritmi esponenziali. Una sorta di legge del contrappasso che getta più di un'ombra sull'apparente stabilità del sistema europeo. Basti pensare che, come riporta il Financial Stability report della Bce, le banche dell'eurozona hanno tagliato dal 2012 le loro dimensioni per la bellezza di 4.300 miliardi. Per ottemperare alle richieste di solidità patrimoniale le banche vigilate avevano due strade: aumentare il capitale o diminuire i prestiti. Il capitale è stato sì elevato (solo nell'ultimo anno sono stati fatti aumenti di capitale per quasi 100 miliardi) ma sono stati soprattutto tagliati i crediti e i titoli per un volume pari a 4.300 miliardi. Mentre il sistema bancario ombra aumentava la sua dimensione di 10mila miliardi negli ultimi anni. Nouy ha spiegato che buona parte di questo fenomeno è da ascrivere al massiccio credit crunch innescato dalle banche vigilate cui è subentrato lo shadow banking che «ha aumentato il suo ruolo nel finanziamento dell'economia reale e ha finito anche per contribuire al finanziamento delle banche regolamentate con volumi che si aggirano intorno agli 88 miliardi di linee di credito attive».

Il fenomeno non è solo europeo. Il Fondo monetario internazionale ha documentato come lo shadow banking valga oltre 60mila miliardi di dollari a livello mondiale, più del Pil di Stati Uniti, Ue e Cina messi insieme. Di questi 60mila miliardi di dollari tra i 15mila e i 25mila miliardi di dollari sono appannaggio degli Stati Uniti, tra i 2,6 e i 6 trilioni di dollari in Giappone e intorno ai 7 trilioni nei Paesi emergenti.
Secondo l'Fmi «gli stessi fattori guidano la crescita dello shadow banking nei diversi Paesi». Il fenomeno «tende a decollare quando si mettono in campo regolamentazioni bancarie stringenti, che spingono all'aggiramento delle regole. Inoltre, cresce quando i tassi di interesse e gli spread sui rendimenti sono bassi e gli investitori cercano ritorni più alti». In totale, calcolano i tecnici dell'istituto di Washington, lo shadow banking conta per circa un terzo del rischio sistemico complessivo negli Stati Uniti, più o meno come il sistema bancario tradizionale. Il peso è più basso in Gran Bretagna e nella zona dell'euro che «hanno ancora sistemi finanziari più bancocentrici». Tra i paesi emergenti, avverte il Fondo, «uno stretto monitoraggio» merita la Cina dove lo shadow banking arriva a una quota compresa tra il 35 e il 50% del Pil e cresce a un ritmo del 20% annuo».

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