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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2014 alle ore 06:55.
L'ultima modifica è del 14 novembre 2014 alle ore 07:57.

Ci sono voluti quattro anni di indagini per un verdetto (che non avremmo mai immaginato diverso): la Fifa, che sovrintende al calcio mondiale, afferma che non ci sono state irregolarità nell'assegnazione dei Mondiali 2018 e 2022. Così si giocherà in Russia e Qatar dove i lavori sono già avviati perché lo spettacolo sia magnificente, come la Fifa impone, a maggior gloria di dirigenti e loschi figuri.

Il plenipotenziario Sepp Blatter chiude una falla pericolosa che si era aperta con i sospetti di tangenti pagate da Mohamed Bin Hammam per la candidatura del Qatar e con l'accusa alla Russia di non aver fornito le copie delle mail del comitato organizzatore con la scusa che i computer erano stati rottamati.

L'ennesimo, brutto pasticciaccio della gestione Blatter, "accomodato" con l'inchiesta della Commissione Etica, anche se il capo ispettore Michael Garcia denuncia una lettura «erronea e incompleta». Non un bell'esempio per il calcio mondiale che predica trasparenza e governace di alto profilo. Viene in mente l'amara saggezza del libro di Dino Zoff: «Se rimane tutto all'interno, puoi contare su un'assoluzione e un posto te lo trovano. Appena qualcuno rompe lo schema e si ribella, viene rapidamente espulso, e con violenza. La violenza stupida e involontaria degli automi».

Continuare a nascondere sospetti e malaffare sotto il tappeto di un calcio fatto di lustrini, miliardi e prime donne è far violenza al calcio, significa farlo (scientemente) naufragare. Di un'unica cosa ha bisogno il pallone oggi: di aria nuova, e non solo perché l'ha detto Michel Platini, chiudendo la porta in faccia a un quinto mandato di Blatter alla Fifa.

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