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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2014 alle ore 06:41.
L'ultima modifica è del 14 novembre 2014 alle ore 07:50.

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Domani, al G20di Brisbane, si discuterà della proposta del Financial stability board sulle banche sistemiche e della richiesta di accrescere ulteriormente i cuscinetti di capitale anti-crisi. Presidente Patuelli, lei ritiene utile una regola di questo tipo mentre la crescita internazionale è ancora così incerta?
Per ora si tratta solo di un testo in consultazione. Confido però che vi sia un'adeguata riflessione prima di vararlo.

Potrebbe provocare una nuova stretta sul credito?
Guardi, siamo partiti dalle prime regole di Basilea 3 che fissavano un common equity capital ratio minimo del 4,5%; poi siamo saliti con l'Asset quality review, che è stata superata da tutte le banche italiane, a un requisito dell'8% di capitale e siamo approdati, con gli stress test, a indicatori impliciti di core tier one fino al 12 per cento. In pratica, abbiamo visto moltiplicare il requisito di capitale minimo addirittura quasi per 3. Se ora questo indicatore dovesse salire ancora, con una continua corsa infinita, non avremmo certo una manovra a favore della crescita economica: si darebbero segnali contraddittori, per contrastare i quali sarebbero necessarie chissà quante Tltro, le operazioni di rifinanziamento finalizzate all'economia, da parte della Bce.

E a livello europeo? Come sono le prospettive del sistema creditizio?
Dal 4 novembre è cambiato tutto. Dopo un lungo itinerario preparatorio, di decisioni e adempimenti, durato un anno e tenuto a balia, oltre che dalle autorità di vigilanza, anche dalle istituzioni europee, il Parlamento e la Commissione, siamo entrati in una fase nuova, con l'introduzione della vigilanza unica guidata dalla Bce in coordinamento con le banche centrali nazionali e dei sistemi di salvataggio per eventualissime crisi bancarie. Ma questo non basta: il sistema non può crescere coerentemente a lungo in presenza di una situazioni preesistenti vecchie e normative diversificate all'interno dell'Europa.

Che cosa bisognerebbe fare?
Occorre unificare al più presto possibile tutte le norme sul credito, altrimenti rischiamo di cadere in contraddizione. Si tratta di ragionare con diversi riferimenti e diverse fonti del diritto.

Quali?
Quelli europei. Pensi a un vecchio istituto italiano come il Cicr, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio. Già aveva perso la sua potestà sulla moneta o sulle nomine dei presidenti delle banche pubbliche o semipubbliche: oggi vede decadere anche le sue residue funzioni di "alta vigilanza sul sistema del credito" perché il nuovo cardine del sistema è la Bce e in materia di credito i parlamenti nazionali non sono più nella piena sovranità.

Quali erano le funzioni residue del Cicr? Si riferisce alla facoltà di intervenire in materia di anatocismo?
Anche il calcolo degli interessi deve essere identico in tutta Europa: non è possibile fare funzionare l'Unione bancaria europea con regole diverse da un paese all'altro: pensi a quante grandi aziende bancarie in Europa hanno dimensioni cross-border. Non si può certo pensare di farle funzionare in modo efficiente applicando il "cuius regio, eius religio", ossia normative storicamente diverse a seconda degli stati e degli staterelli nazionali. Per questo, la principale proposta che sono andato a fare a Bruxelles riguarda la necessità di mettere a punto un testo unico bancario europeo. E quando parlo di testo unico non mi riferisco solo alle norme da emanare da oggi in poi. Serve una regola giuridica uguale per tutti in materia bancaria: uno sforzo di sistemazione di tutta la materia che permetta di disporre di una vera e propria, unica costituzione bancaria europea.

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