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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2014 alle ore 07:12.
L'ultima modifica è del 21 novembre 2014 alle ore 08:58.

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Ci risiamo. A poche settimane di distanza dall'esplosione dello scandalo internazionale sulle manipolazioni dei mercati valutari, le grandi banche americane sono di nuovo nell'occhio del ciclone.

Questa volta non da parte delle autorità di vigilanza o della magistratura, ma addirittura del Senato Usa: dopo due anni di inchiesta parlamentare, la camera alta di Washington ha concluso che le tre big di Wall Street - Goldman Sachs, Jp Morgan e Morgan Stanley - hanno sistematicamente aggirato i limiti di legge nel settore delle commodities accumulando enormi posizioni in futures su alluminio, rame e altre materie prime per l'industria. Le tre banche avrebbero agito in modo coordinato per diventare padrone assolute del mercato, arrivando a manipolarne i prezzi: «Questa condotta - è scritto nel rapporto d'inchiesta del Senato - ha distorto e danneggiato il corretto funzionamento dei mercati delle commodities, esponendo le stesse banche a enormi rischi legali e finanziari». Il Senato ha posto in evidenza anche un altro aspetto non secondario: l'uso distorto dell'enorme liquidità a costo zero ricevuta dalle banche attraverso gli interventi di quantitative easing della Federal Reserve. Invece di utilizzare i fondi della Fed per aumentare i prestiti alle imprese e alle famiglie, le banche li hanno dirottati a fini speculativi su mercati poco trasparenti e scarsamente vigilati. Esattamente quanto emerso anche nell'inchiesta sulle manipolazioni del Forex (valute) e del Libor (tassi di interesse). Che succederà ora? Rischio multe a parte, è probabile (e auspicabile) che la Fed imponga limiti più stringenti all'attività delle grandi banche commerciali e d'affari su mercati forse poco conosciuti, ma di importanza strategica per il corretto funzionamento dell'industria e la crescita dell'economia.

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