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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2014 alle ore 06:46.
L'ultima modifica è del 24 novembre 2014 alle ore 08:39.

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Abbiamo ancora negli occhi e nelle orecchie il giuramento dei mafiosi calabresi filmati per la prima volta dai Ros in Lombardia. L’operazione Insubria, che ha bonificato (per quanto?) i territori del Comasco e del Lecchese, svela alcuni segreti e – soprattutto – conferma molte certezze. Il che significa che le prove raccolte in tre anni di indagini da Procura e Carabinieri, erano di fatto sotto gli occhi di tutti o almeno di tanti. I rituali ridicoli e le formule tribali di iniziazione hanno richiesto microspie, appostamenti, organizzazione meticolosa e il coraggio degli investigatori, per mesi impegnati a rendere prove per il Tribunale il collante culturale che rende la ’ndrangheta tanto impenetrabile e pericolosa. Quei filmati svelano il significato delle “mangiate” di carne di capra, raccontano le relazioni tra i criminali, ne evidenziano lo scarso livello culturale. Un ottimo materiale probatorio che frutterà dure condanne. Bene.

Devono però preoccupare le numerose conferme emerse dalle indagini. A cominciare dalla quantità delle intimidazioni contabilizzate nelle zone bonificate (Fino Mornasco, Calolziocorte, Cermenate eccetera): circa 500 episodi tra incendi, danneggiamenti, lettere estorsive. “Contabilizzate” a posteriori, non denunciate dagli interessati se non in rari casi, ma in forma generica o addirittura sviante. Altra certezza confermata dall’ordinanza: non è davvero possibile che i criminali ripresi a baciarsi sulle guance o a spedire sgrammaticate lettere minatorie, possano essere scambiati per persone con cui interloquire su alcunché. Viene meno, cioè, uno degli alibi classici di chi è sorpreso a fare affari con i delinquenti, secondo cui il mafioso non si presenta più con coppola e lupara, ma indossa la cravatta, parla inglese, ha studiato ingegneria o finanza in Bocconi. Ma quale inglese? quale cravatta? quale Bocconi?

È ben più probabile che professionisti, imprenditori, amministratori, politici abbiano capito da subito (a volte persino a colpo d’occhio…) chi avevano davanti, con chi stavano stringendo patti, da chi accettavano i soldi o i voti. Anche se si sono viste persone colte e capaci di perdere la dignità balbettando in Tribunale di relazioni strette per errore o di inconsapevoli cointeressenze da far arrossire. Come il recupero crediti affidato a gente “efficiente” solo perché pronta a ogni nefandezza. Le mangiate di capra e le ritualità da fumetto noir sono tratti distintivi di personaggi senza arte né parte, che non studiano niente perché tanto hanno la pistola e talmente immorali da iniziare alla malacarne persino minorenni. Davvero difficile e anche irritante, agli occhi di chi rischia la pelle per filmare e registrare voci, confrontarsi con le fandonie di chi mente per arricchirsi alla faccia nostra e della crisi.

Ma di inganno in inganno e di furbizia in furbizia, si arriva alle parole scritte dal Gip dell’operazione Insubria: «A oggi è stata accertata la presenza in Lombardia dei seguenti “locali”: Bollate, Cormano, Milano, Pavia, Corsico, Mariano Comense, Seregno, Giussano, Desio, Rho, Pioltello, Legnano, Erba, Bresso, Limbiate, Canzo e Solaro». Tanto che, secondo il giudice, per la Lombardia il termine «infiltrazione» è ormai un artificio dialettico, essendo più appropriata l’espressione «radicamento».

ext.lmancini@ilsole24ore.com

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