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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2014 alle ore 14:00.
L'ultima modifica è del 07 dicembre 2014 alle ore 14:25.

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È sempre più evidente che le decisioni della Banca centrale europea sono dettate da una logica politica più che economica. Dal punto di vista economico, l'acquisto di titoli di Stato doveva essere avviato mesi fa. Tuttavia, cercare di comprendere le ragioni politiche delle decisioni delle autorità monetarie europee può aiutare a capire se, quando e in che dimensioni verrà lanciato un Qe europeo.

L'opposizione (principalmente tedesca) all'acquisto di titoli di Stato è basata sui seguenti argomenti. Dal punto di vista economico, si dice, il Qe serve poco o nulla, perché i tassi di interesse sui titoli di Stato e sulle obbligazioni societarie sono già eccezionalmente bassi; inoltre, al netto degli effetti transitori del crollo dei prezzi energetici e dei beni alimentari, l'inflazione europea è bassa ma è ancora lontana dallo zero (0,7% a ottobre). Infine, una politica monetaria troppo espansiva rischia di alimentare bolle speculative su altri mercati.

Nessuno di questi argomenti è convincente e probabilmente non sono presi molto sul serio neanche dentro la Bce. L'inflazione dei prezzi al consumo (inclusa energia e beni alimentari) è scesa allo 0,3% e il calo del prezzo del petrolio la spingerà ancora più a ridosso dello zero nei prossimi mesi. Questo è l'indice che la Bce si è data come obiettivo e che ora la stessa Bce prevede che cresca dello 0,5% nel 2014, 0,7% nel 2015, 1,3% nel 2016. Ma le autorità monetarie europee hanno sempre sottostimato le tendenze deflazionistiche nel recente passato e il rischio di queste previsioni è certamente al ribasso, anche perché non tengono conto dell'ultimo calo del prezzo del petrolio. In ogni caso, un'inflazione così bassa è incompatibile con il risanamento delle economie del Sud Europa, oltre a essere in violazione del mandato della Bce. Anche se è vero che il Qe avrebbe effetti modesti se non accompagnato da un'espansione fiscale, le autorità monetarie sono tenute a fare tutto il possibile per contrastare le tendenze deflazionistiche. E non lo stanno facendo. Inoltre, più si tarda a intervenire, più a lungo la Banca centrale sarà costretta a tenere bassi i tassi di interesse, prolungando il rischio di bolle speculative.

I veri argomenti contro il Quantitative Easing, e la ragione per cui finora non c'è stato, sono politici e giuridici. Primo, la monetizzazione del debito è proibita dai trattati. Secondo, vi è il timore che il calo dei tassi di interesse allenti la pressione a riformare sui governi del Sud Europa (il cosiddetto azzardo morale). Terzo, le autorità tedesche non vogliono che il bilancio della Bce si riempia di titoli ad alto rischio, perché in caso di rottura dell'euro o di ristrutturazione del debito vi sarebbero perdite. Neanche questi argomenti sono persuasivi.
Il trattato proibisce l'acquisto dei titoli di Stato sul mercato primario, non su quello secondario. L'azzardo morale è tutto da dimostrare, anzi potrebbe essere vero il contrario: il perdurare della deflazione nel Sud Europa sta facendo guadagnare consenso ai partiti populisti e anti-euro, e rischia di rendere le riforme ancora più difficili. Quanto al rischio di perdite, lo si può evitare stipulando che i titoli di Stato restino nei bilanci delle rispettive banche centrali nazionali e non siano trasferiti sul bilancio della Bce.
Se finora il QE è stato rinviato, non è perché la situazione economica non lo richiedeva, o perché si sperava che sarebbe migliorata. Si è atteso che il rischio di deflazione diventasse così palese da giustificare una decisione politicamente controversa e fortemente osteggiata dalle autorità della Germania e da pochi altri. Il costo di attendere, naturalmente, è che la situazione economica si è ulteriormente compromessa.

Ora però è davvero il momento di decidere, abbandonando la ricerca del consenso. Che piaccia o meno, l'opposizione tedesca al QE non si attenuerà. Vi è troppa diffidenza nei confronti del Sud Europa, e il principio che la politica monetaria comune vada tenuta separata dalla politica fiscale è troppo profondamente radicato nell'opinione pubblica tedesca, per pensare che l'atteggiamento della Bundesbank possa cambiare. Come ha fatto intendere lo stesso Presidente Draghi, si dovrà decidere a maggioranza, indipendentemente dalle inevitabili polemiche che ne seguiranno.
Se a gennaio ci fosse un ulteriore rinvio, o se l'acquisto di titoli di Stato dovesse partire su basi quantitativamente inadeguate, avremmo perso inutilmente altro tempo, e aggravato la crisi dell'area euro. Ma non avremmo ottenuto nulla in cambio, perché tanto prima o poi al QE si dovrà arrivare, e sarà comunque una decisione fortemente contestata.

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