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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2014 alle ore 07:31.
L'ultima modifica è del 10 dicembre 2014 alle ore 07:56.

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I dati presentati dall'Osservatorio Aub sulle aziende familiari italiane promosso dalla cattedra Aidaf della Bocconi confermano che il nostro sistema industriale è basato sul capitalismo familiare. La ricerca è giunta al sesto anno ed è la miglior raccolta ed elaborazione di dati sulle imprese familiari esistente in Europa.

Secondo i dati presentati, l'Italia ha la maggior percentuale di imprese familiari (oltre il 40%) ma è in buona compagnia: negli altri paesi europei la media è stabilmente sopra il 30%, e scende al 15 solo nel Regno Unito.
In termini di crescita e redditività le imprese familiari del campione osservato superano le non familiari, confermando, anche in questo caso, come la lunga strada per uscire dalla crisi non possa prescindere, nel nostro Paese, da questa forma di capitalismo.
Sulle imprese familiari aleggia, però, il fosco presagio della loro morte con l'arrivo della terza generazione; anche l'Osservatorio Aidaf censisce solo l'8% delle imprese con più di 50 anni di vita.
Il presagio ha una fonte lontana ed autorevole, nel 1929 Schumpeter scrisse: «la funzione imprenditoriale è qualcosa di personale e non qualcosa che è collegato al possesso di una cosa, come è tipico della posizione del proprietario fondiario… in questo modo si crea una posizione familiare che, se non per sempre, almeno per un certo tempo si conserva anche indipendentemente da qualsiasi attività e capacità imprenditoriale. I dati fin ora acquisiti confermano l'impressione espressa dal proverbio: tre generazioni dalla tuta alla tuta».
Il presagio ha però un punto di osservazione sbagliato: non considera che le imprese, come ogni cosa terrena, hanno un ciclo di vita. Una delle 500 multinazionali di Fortune ha una vita media attesa tra i 40 e i 50 anni, basterebbe questo dato a leggere il presagio in modo diverso: tre generazioni sono circa 75 anni.

È, inoltre, necessario non seguire solo la vita delle aziende, ma il patrimonio imprenditoriale: spesso le aziende sono vendute, fuse o evolvono in gruppi più grandi. I patrimoni che restano più a lungo nella lista dei miliardari redatta da Forbes sono quelli delle famiglie europee; il tasso di sopravvivenza è del 67% per le famiglie europee, di cui più della metà sono nella terza o quarta generazione.
Cambiando il punto di vista, si può capire la vera questione a cui dare una risposta: visto che difficilmente le imprese, familiari e non, superano i 75 anni di vita cosa serve per garantire longevità alle imprese? Alla domanda risponde lo stesso Schumpeter parlando delle qualità dell'imprenditore: «si tratta di qualità rare, e chi le ha, riesce a essere il primo o uno dei primi che nell'economia nazionale realizza qualcosa di nuovo, impiega un nuovo metodo di produzione, fabbrica e vende un nuovo articolo, apre un nuovo mercato, e riesce anche a sfuggire in un primo momento alla pressione della concorrenza. L'essenza dell'imprenditore consiste nell'assolvere la funzione di realizzare il nuovo; il profitto che ne deriva è il vero e proprio profitto dell'intraprendere».

La vera sfida del capitalismo familiare è riuscire a identificare, proteggere e trasmettere alle generazioni future queste qualità rare; esse costituiscono l'essenza imprenditoriale che è la base del vantaggio competitivo dell'impresa. Quando, nel passare delle generazioni, l'essenza imprenditoriale viene dimenticata l'impresa avvizzisce o la famiglia smette di essere il miglior proprietario dell'azienda.
L'essenza imprenditoriale è fatta di qualità imprenditoriali, processi chiave e asset. Questi ultimi sono l'azienda, la cosa più visibile dall'esterno, ma processi e qualità sono la cosa più importante. Esistono famiglie imprenditoriali che hanno venduto o perso l'azienda ma che hanno creato nuove aziende applicando qualità e processi imprenditoriali ad altri settori. L'essenza imprenditoriale evolve e si adatta ai cambiamenti esterni grazie, anche, alla linfa delle nuove generazioni a cui le qualità imprenditoriali sono state insegnate. Questo instancabile processo di trasmissione di valori, qualità e capacità genera imprese più resistenti nel tempo perché animate dallo spirito imprenditoriale della famiglia ed è grazie a questo che le imprese familiari oggi performano meglio e, soprattutto, potranno farlo nel futuro.
Bernardo Bertoldi è docente di Family Business Strategy all'Università di Torino

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