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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2014 alle ore 08:19.
L'ultima modifica è del 19 dicembre 2014 alle ore 08:56.

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Per battere la corruzione, che costa all'Italia lo 0,8% del Pil ogni anno, le norme di contrasto sono importanti, ma non sono tutto: occorre anche lavorare sull'applicazione delle leggi - punto debole nazionale -, monitorando l'adeguamento nel tempo ai nuovi principi di contrasto da parte della Pa. Perché le leggi funzionino» occorre tempo.

«Sono come neonati, pianticelle da misurare nel tempo», e noi «siamo bravi nel pensare le riforme strutturali», come ci riconosce anche la Banca mondiale, ma poi manchiamo nel «nel far passare ai giovani la cultura della tolleranza zero». A dirlo è l'ex ministra della Giustizia del governo Monti, Paola Severino, penalista, e prorettore della Luiss Guido Carli, curatrice dello studio a più voci “Il contrasto alla corruzione nel diritto interno e nel diritto internazionale” (Cedam), insieme a Angela Del Vecchio, ordinario di Diritto internazionale, presentato ieri a Roma, nella Sala Zuccari di palazzo Giustiniani del Senato.

Per l'ex guardasigilli l'emergenza tangenti e malaffare che oggi scuote la Capitale dopo aver segnato Venezia (vedi scandalo Mose) e Milano (inchiesta Expo) «lascia sgomenti ma non sorpresi» chi oggi è chiamato a raccogliere il testimone della «cultura della legalità», cardine necessario per la ripresa dell'economia e del paese, con in prima fila i giovani studiosi del fenomeno, cui si deve il volume.

Tangentopoli, ricorda Severino «è stato un fenomeno di corruzione apicale, che riguardava i vertici dei partiti e delle grandi imprese». Quella di oggi «è una corruzione di più basso livello, ma più estesa». L'ultima inchiesta su “Mafia Capitale” evidenzia come ormai «ci si fa corrompere per poche lire», così che molti osservatori ritengono che il fenomeno sia «diventato endemico». Ma una via d'uscita c'è. Da un lato si tratta di far “assorbire” al Paese (e soprattutto alla Pa che deve far propria la cultura della trasparenza) la normativa di contrasto alla corruzione. Avendo fiducia nel rimedi adottati: «I paesi che sono cresciuti di più sono quelli che hanno avuto un continuum sulle riforme anticorruzione», senza passi indietro e continui cambi di rotta. Dall'altro, si tratta di puntare sui giovani cittadini, educandoli ad una cultura condivisa della legalità, perché «la battaglia contro la corruzione non può essere combattuta solo dai giudici», ma deve essere una scelta di tutti.

Di educazione alla legalità e del ruolo di «una cittadinanza più consapevole» per «determinare quella rivoluzione morale che può far riacquistare la fiducia nel nostro Paese» ha parlato anche Pietro Grasso, “padrone di casa” quale presidente del Senato. Contro un fenomeno «attuale da decenni» la politica deve oggi deve reagire con visione «strategica e sistemica», in cui far marciare di pari passo una legislazione sempre più «compiuta e coerente». Al tempo stesso, questa la sfida lanciata ai parlamentari, impegnati in queste ore nel varo della manovra 2015, occorre dare una rinnovata priorità agli «investimenti in cultura, istruzione e ricerca», per formare «le giovani generazioni, le nuove classi dirigenti».

Per Grasso, la legge 190/2012, che porta il nome proprio dell'ex Guardasigilli Severino, «è da considerare un risultato utile», perché ha aggiornato il nostro ordinamento, introducendo «figure di reato già utilizzate nella maggior parte dei Paesi europei». Ora è necessario «migliorare il raccordo operativo» tra Autorità Anticorruzione, Antitrust e magistratura, e rendere la normativa «ancora più incisiva e completa», per dar una svolta «decisiva nel contrasto alla corruzione». Bene allora «la forte determinazione del governo» in questa direzione, con il nuovo pacchetto anticorruzione voluto dal premier Renzi, perché «la politica ha il dovere di reagire con energia» al «disprezzo per la cosa pubblica e il bene comune».

Alla riflessione sul fenomeno corruzione sullo spunto del volume, hanno contribuito anche il presidente della Corte dei conti Raffaele Squitieri, deciso a difendere la magistratura contabile dall'accusa di non aver colto i segnali dell'emergenza e preoccupato per i danni all'immagine dell'Italia, e il giurista Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale. Che alla Corte dei conti ha ricordato come «voler controllare tutto significa spesso non controllare nulla». Meglio puntare su «verifiche randomizzate sulla Pa», molto più efficaci.

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IL LIBRO

Ieri a Roma alla tavola rotonda per la presentazione del libro di Paola Severino e Angela Del Vecchio Il contrasto alla corruzione nel diritto interno e nel diritto internazionale (Luiss), moderata dal direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, hanno partecipato Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta e Raffaele Squitieri, presidente Corte dei conti. È intervenuto Pietro Grasso, presidente del Senato

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