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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2014 alle ore 08:21.
L'ultima modifica è del 19 dicembre 2014 alle ore 08:51.

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Crescita senza vita. L'idea – nata in America all'epoca del presidente George Bush – della cosiddetta growth without life per ottenere staminali da usare come una commodity biologica brevettabile è alla base della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea che ieri ha dato il via libera al fatto che «un ovulo non fecondato può essere in linea di principio brevettabile».

«La tecnica statunitense di togliere un gene all'embrione affinché non si sviluppasse in un essere umano – ricorda Giuseppe Testa, direttore del laboratorio di Epigenetica delle Cellule Staminali dell'Istituto Europeo di Oncologia di Milano - aveva l'obiettivo di trovare un'alternativa per circumnavigare la questione etica sull'uso delle staminali embrionali. Se l'artefatto di laboratorio non è più un embrione allora posso usarlo e brevettarlo, dal momento che ho “inventato” una tecnica per ottenere quel preciso prodotto».
Ciò che è successo ieri a Bruxelles è molto simile, anche se la metodologia per ottenere le staminali embrionali è completamente diversa: l'ovulo umano non viene fecondato, ma attivato per partenogenesi, da qui inizia un processo di sviluppo che non è sufficiente per considerarlo un embrione umano. Anche perché contiene metà patrimonio genetico, cioè soltanto quello della madre.

«Il problema è giuridico, non scientifico - sottolinea il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell'Università di Roma Tor Vergata, - ed è stato sollevato nel 2011, quando la Corte di giustizia europea ha dichiarato che l'uso di cellule staminali embrionali per la ricerca scientifica non può essere brevettato per motivi di dignità umana».
La legge europea del 1998 ha stabilito che gli embrioni umani e i suoi derivati non sono brevettabili, ma l'azienda inglese, la Stem Cell Corporation che conduceva esperimenti sulla clonazione di cellule a scopo scientifico ha posto la questione: tecnicamente, infatti, un ovocita non fecondato non potrà mai diventare embrione e quindi sarebbe brevettabile. Il problema è stato posto all'Europa e ieri la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che un organismo non in grado di svilupparsi in essere umano non costituisce un embrione umano ai sensi della direttiva.
Ora ogni singolo Stato membro, è chiamato a recepire il pronunciamento e potrà definire le proprie condizioni.

La sentenza è stata accolta con valutazioni discordanti e qualche riserva da parte dei ricercatori. Giulio Cossu, docente di Medicina rigenerativa all'Università di Manchester, esperto di cellule staminali commenta: «A poter essere brevettato è un prodotto dell'ingegno, mentre non possono essere brevettate parti del corpo umano.
Dunque l'ovulo femminile non può essere brevettato di per sé; la brevettabilità va invece intesa come riferita ai prodotti della ricerca ottenuti utilizzando anche degli ovuli, a patto che non siano fecondati».
Tuttavia, «ma è una mia opinione - conclude il ricercatore - non vedo un utilizzo pratico ovvio derivante da questo pronunciamento, e ciò anche considerando il fatto che gli ovuli rappresentano un materiale biologico di non facile reperimento e sul cui uso possono aprirsi problemi di ordine etico».
Questi ovociti, infatti, da qualcuno bisogna prenderli, quindi il rischio teorico potrebbe essere quello di incrementare il commercio illegale di ovociti.

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