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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2014 alle ore 07:36.
L'ultima modifica è del 23 dicembre 2014 alle ore 07:53.

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L'azzeramento dei tassi d'interesse è il fenomeno economico che segna il passaggio 2014-2015, ma è anche uno dei più anomali degli ultimi anni, dopo lo scoppio delle bolle finanziarie. Per usare le parole della Banca dei regolamenti internazionali «ciò che è del tutto anormale, sta diventando normale in modo inquietante».

Banche centrali e mercati hanno spinto i rendimenti dei titoli pubblici a livelli straordinariamente bassi. I titoli triennali in Germania hanno rendimenti nettamente negativi, quelli giapponesi sono a zero e quelli americani non raggiungono l'1%. Ieri anche i BoT trimestrali sono scesi sotto lo zero. Bisogna tener conto del livello dell'inflazione che per esempio in Italia già ora dovrebbe essere scesa anch'essa sotto lo zero. Ma sono comunque tassi anomali per una crescita globale non lontana dalla media storica. Come nota ancora la Bri «c'è qualcosa di vagamente inquietante, quando l'impensabile diventa routine».

Alcune osservazioni, tra molte altre, suggeriscono cautela a chi vuole interpretare l'azzeramento dei tassi come un ultimo giro sulla giostra. La prima riflessione è di tipo finanziario. Tra il 2013 e il 2014 l'indice della Borsa americana è cresciuto del 50%. Le azioni sono valutate venti volte gli utili, molto sopra la media storica. L'instabilità che a ottobre ha colpito i titoli del Tesoro americani – una volatilità quotidiana superiore a quella della crisi Lehman - dimostra che il mercato nasconde cambi d'umore estremi. È appeso alle sillabe dei banchieri centrali e alla loro declinazione scenica, diventata ormai un'arte in sé. Fino a che i governatori di tutto il mondo avevano gli stessi problemi, non si doveva temere che entrassero in un conflitto tra aree e valute che il risparmiatore ora invece faticherà a decifrare. Delusi dai rendimenti nulli delle attività finanziarie più sicure, gli investitori sono disposti ad assumere rischi che non sanno apprezzare. L'esperienza degli ultimi sei anni li inganna sul fatto che ci sarà sempre un banchiere centrale pronto a far galleggiare la barca arenata, ma non è così: una volta che i tassi sono a zero, prima o poi si deve accettare la marea.

E come si dice, quando l'acqua si ritira si vede chi è senza costume.
Il calo dei tassi potrebbe aiutare a riequilibrare il rapporto tra creditori e debitori a favore di questi ultimi, sia all'interno delle economie, sia nei rapporti tra i paesi. Negli ultimi dieci anni, il debito estero di Italia, Spagna, Portogallo e Grecia è aumentato di mille miliardi di euro. La posizione esterna positiva di Germania, Olanda e Belgio è cresciuta addirittura di duemila miliardi. Ridurre i tassi potrebbe riequilibrare i rapporti a favore dei debitori. Ma mentre la deflazione è un processo decennale, la rapidità, tutta finanziaria, dell'aggiustamento dei tassi rischia di caricare una molla a scatto. In caso di dubbi del mercato, il circolo vizioso tra debito sovrano e banche - tutt'altro che risolto - potrebbe riaprire rapidamente gli spread.
Per l'Italia poi si aggiunge un problema. Mentre i rendimenti delle obbligazioni scendono e deprimono il risparmio, i tassi del credito bancario a imprese e famiglie da anni restano fermi. La discesa dei rendimenti dei titoli pubblici riduce subito il reddito privato e quindi anche i consumi. Gli investimenti così declinano sia perché manca il traino dei consumi sia perché il costo del credito resta elevato.

Infine, ci vorranno anni per decifrare i cambiamenti politici innescati dalla crisi finanziaria. Tassi d'interesse sotto zero potrebbero modificare un pilastro del tradizionale contratto sociale europeo. Da 40 anni, c'è un'ovvia relazione tra welfare e debito pubblico. Lo stato intermedia il risparmio premiando i creditori, con rendimenti positivi delle obbligazioni pubbliche. Anche la sostituzione dell'assistenza pubblica con previdenza privata si basa su piani di accumulazione del capitale possibili grazie a tassi d'interesse positivi. Da tempo i conti non tornavano, ma lo scambio silenzioso tra welfare e stabilità politica continua a rappresentare il substrato del modello sociale europeo. Quando la crescita economica scompare e i tassi d'interesse diventano negativi, anche il contratto sociale del risparmio si trasforma. Il risparmiatore che acquista i BoT accettando rendimenti negativi, oggi paga lo Stato debitore per ottenere sicurezza, anziché crescita. L'idea di Stato cambia, assume connotati più aspri. Al governo il risparmiatore chiede di non prendere rischi, limitare le iniziative, voltare le spalle anziché tendere la mano.
Tutti questi fenomeni sono inediti, difficili da valutare, ma non prendono nemmeno in considerazione l'eventualità di un'inversione di rotta dei tassi, magari repentina. Non è necessario. E' sufficiente quello che già sappiamo per capire che l'azzeramento dei tassi non sarà un ultimo giro sulla giostra.

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