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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2014 alle ore 07:19.
L'ultima modifica è del 24 dicembre 2014 alle ore 09:05.

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La nuova Alitalia partecipata dal vettore arabo Etihad decollerà il primo giorno del prossimo anno. Soltanto 12 mesi fa sembrava un'impresa impossibile: negli ultimi mesi del 2013 lo Stato italiano avevo dovuto tornare nel capitale della vecchia Alitalia, attraverso la controllata Poste Italiane, per fare da garante di ultima istanza ed evitare che la compagnia si avviasse rapidamente al default.

La presenza del garante pubblico ha consentito al vettore italiano, ormai annichilito, di mettersi alla ricerca di un partner dopo che il negoziato con il socio estero storico AirFrance si era arenato. Solo 12 mesi fa sembrava impossibile che il matrimonio con Etihad potesse andare a buon fine, soprattutto che tutte le condizioni messe sul piatto dagli emirati (cancellazione di buona parte del debito, revisione del ruolo di scali come Linate, il collegamento con l'alta velocità, solo per citarne alcune) potessero alla fine essere concesse. Nel corso del 2014 tutti gli ostacoli sulla strada del merger sono stati superati, grazie anche al continuo pressing e talvolta alla moral suasion dei rappresentanti del governo italiano. Alla fine tutto è andato da copione. Ora non resta che augurarsi che Etihad non trasformi il mercato e i clienti italiani in un business residuale rispetto alle proprie ambizioni di crescita internazionali e a quelle dei suoi facoltosi clienti in madrepatria.

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