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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2015 alle ore 07:10.
Siamo solo al secondo step della procedura per l’individuazione della sede italiana del deposito di stoccaggio delle scorie nucleari. La società pubblica Sogin comunicherà domani all’Ispra i luoghi idonei. Poi ci sarà la scrematura e infine la scelta. Un iter che dovrebbe durare circa un anno e che, visti i precedenti, non sarà una passeggiata di salute. L’Italia è il Paese che ha ripudiato con ben due referendum il nucleare e quando si è ipotizzato Scansano Jonico come sede del deposito, si è verificato il primo vero atto Nimby nel Paese. Attendersi reazioni viscerali non è fuori luogo.
Ma affrontare la procedura in maniera irrazionale, con no a tutto e a prescindere, sarebbe però un grave danno per il Paese. Per una ragione di sicurezza: oggi le scorie sono custodite in 24 diversi luoghi, molti dei quali molto meno sicuri di un deposito unico. E perché, nonostante i divieti di ogni genere, l’Italia ha mantenuto nel settore nucleare una leadership storica in innovazione e ricerca. Il sistema Paese costruisce reattori, depositi, impianti in tutto il mondo tranne che in Italia. Un paradosso difficilmente spiegabile.
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