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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2015 alle ore 13:31.
L'ultima modifica è del 04 gennaio 2015 alle ore 14:21.

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Manca poco alla ripresa dei lavori sulla riforma elettorale. Tra i punti critici che verranno discussi in Senato a partire dal 7 gennaio ci sarà anche la questione della soglia di sbarramento. Nel testo attuale la soglia è unica ed è stata fissata al 3% a livello nazionale. Solo chi raccoglierà questa percentuale di voti validi otterrà seggi.
Gli altri resteranno fuori dalla Camera. Rispetto agli accordi originali tra Renzi e Berlusconi – quelli del patto del Nazareno per intenderci - il cambiamento è notevole.

A gennaio dello scorso anno, infatti, lo schema concordato su questo punto, e recepito nel testo approvato a marzo dalla Camera, era completamente diverso. Prima di tutto la soglia non era unica. C'era una soglia dell'8% per le liste che decidevano di presentarsi da sole e una soglia molto più bassa - il 4,5% - per quelle che sceglievano di entrare in una coalizione. In questo secondo caso lo sconto però si applicava solo se la coalizione avesse preso almeno il 12% dei voti validi. Era uno schema ingegnoso che serviva allo scopo di incentivare i piccoli partiti ad allearsi - volenti o nolenti - con quelli più grandi.
Nelle intenzioni di Verdini e di Berlusconi con questo meccanismo Forza Italia avrebbe potuto di nuovo svolgere la sua funzione storica di perno di aggregazione di tutte le componenti del variegato centrodestra italiano. Lo schema non è una novità assoluta perché esisteva già nella legge Calderoli ed esiste tuttora nel sistema introdotto dalla sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionali diversi elementi del porcellum calderoliano. In questo sistema le soglie sono diverse tra la Camera e il Senato. Alla Camera la formula è 4-2-10, al Senato 8-3-20. I numeri sono percentuali di voti. Il primo è la soglia per i partiti singoli, il secondo per quelli accoppiati, il terzo per le coalizioni. Aggiungiamo che lo stesso meccanismo esiste in molti sistemi elettorali regionali. Questo per dire che si tratta di un elemento che è sempre piaciuto ai nostri partiti.

Ma i tempi sono cambiati. Le coalizioni non vanno più di moda. E Renzi ha colto la palla al balzo per cambiare le carte in tavola. L'opportunità gliela ha offerta il Ncd di Alfano. Davanti alla ipotesi di essere costretto dal nuovo sistema elettorale ad allearsi con Forza Italia Alfano ha deciso di accettare uno scambio tra un sistema che rende i piccoli partiti irrilevanti e una soglia bassa che gli garantisca la sopravvivenza come entità autonome. Così è nato il nuovo Italicum, con il premio che non va più anche alle coalizioni ma solo alla lista più votata e la soglia unica al 3%.
Le due cose si tengono insieme. Infatti se il premio di maggioranza va solo alla lista non c'è più ragione di avere un sistema di soglie scontate. Basta una soglia unica. Ed è giusto che sia più bassa di quella del tutto spropositata dell'8% inizialmente prevista. Come si vede dal grafico in pagina una soglia così alta non esiste in nessun paese della Unione europea. Qualcuno obietterà che il 3% è una soglia molto bassa. Lo è. In effetti non sarebbe uno scandalo se fosse portata al 4% come quella per le elezioni europee. Ma nel caso del nuovo Italicum questo livello tutto sommato si giustifica.

Visto che il premio, così come è congegnato, garantirà la maggioranza assoluta dei seggi al partito vincente, il governo non dipenderà più, come avveniva con il Mattarellum e poi con il porcellum, dalla fedeltà dei piccoli partiti alleati. Il premio solo alla lista elimina, o comunque riduce drasticamente, il potere di ricatto dei piccoli perché elimina il loro potere di coalizione. Sparendo le coalizioni spariscono i ricatti. Stando così le cose, che in parlamento ci siano partiti con il 3% dei voti non disturba. Anzi, serve a garantire un diritto di tribuna e quindi a favorire una maggiore rappresentatività senza compromettere la governabilità. Il rischio di questo ragionamento è che possa essere sfruttato per abbassare ulteriormente la soglia. E questo sarebbe un errore perché un eccesso di frammentazione partitica finirebbe comunque per rendere meno funzionale il lavoro della Camera anche in presenza di un governo monopartitico. Questo soprattutto se i regolamenti parlamentari fossero troppo permissivi.

In tutta questa partita su premio e soglie la cosa più strana è l'accondiscendenza di Berlusconi. Il nuovo schema fa saltare completamente il disegno di ricompattare il centrodestra intorno a Forza Italia. L'idea che i pezzi di questo schieramento possano presentarsi alle prossime elezioni dentro un listone unico targato Polo, Casa delle libertà o qualcosa di simile non sta in piedi. Perché, dunque, accettare la nuova versione dell'Italicum? La domanda è intrigante ma la risposta è in fondo irrilevante. Ciò che conta è che questo è il sistema elettorale sul tavolo. Manca poco per scoprire se reggerà alla prova del voto in aula al Senato e a quella della elezione del nuovo presidente della Repubblica.

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