Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2015 alle ore 09:24.
L'ultima modifica è del 06 gennaio 2015 alle ore 11:21.

My24

Pino Daniele era un artista vero. Non una rockstar, ma innanzitutto un musicista. Uno che amava scrivere canzoni, suonare, frequentare altri musicisti, indipendentemente dalle mode, dalle posizioni in classifica, dalla popolarità.
I suoi “fratelli d'anima” erano Chick Corea, Eric Clapton, Steve Gadd, Omar Hakim, cioè alcuni dei grandi musicisti che avevano diviso con lui sale di registrazione e il palco.

Oppure, quella manciata di amici con cui era tornato in tour quest'inverno, coi quali nel 1980 aveva realizzato uno dei dischi-simbolo di quel momento di grandezza della musica partenopea, Nero a metà.
Che poi, in quella banda di talentuosi napoletani, c'era davvero un ”nero a metà”, come il Ciro della ”Tammurriata Nera”: James Senese, figlio della guerra, mamma napoletana e papà militare americano. Era stato James a farlo entrare come bassista nei Napoli Centrale, grande band che mischiava il soul e funk alla James Brown con il jazz e le tematiche di una città che cercava con insistenza un riscatto, quantomeno culturale. Ma presto si sarebbe manifestata la vena cantautorale, in un primo album, Terra mia, fresco e spontaneo ma già maturo: il capolavoro Napul'è, sguardo arrabbiato e malinconico insieme sulla sua città, il sarcasmo di Tazzulella e'cafè (“…mai niente ce fanno sapè/nui ce puzzammo e faame, o sanno tutte quante/e invece e c'aiutà c'abboffano e' cafè”), il grido d'amore di Terra mia, definivano da subito quel che sarebbe stato: attingere dal dialetto, dalla tradizione verace, non da cartolina, e raccontare il mondo circostante in agrodolce. Perché Pino per tutti coloro che lo amano è questo: certo, la sfrontatezza dell'essere contro (“Je so pazzo, nun ce scassate o…”), sicuramente lenergia festosa di Scarrafone o Musica Musica, ma soprattutto la capacità di distillare in poesia (della sua scrittura diceva «non scrivo testi, ma poesie d'amore») la realtà circostante, quella del quotidiano, dei sentimenti, dei vicoli di casa ma anche quella incontrata nei suoi viaggi.

Perché dopo il secondo album e Nero a Metà, Pino è diventato un viaggiatore del mondo. Le collaborazioni, l'amore per musiche che erano oltre il suo primo orizzonte (Brasile, Stati Uniti, Africa) lo hanno spinto in cerca di emozioni nuove, di incontri stupefacenti, di sinergie dell'anima. È il dono dei musicisti, per i quali non serve altra lingua comune che quella dei propri strumenti. E Pino era bravo, con quella chitarra, tanto bravo da essere invitato da Clapton al suo Crossroads Festival, una sorta di full immersion nel mondo della seicorde con tutti i maggiori solisti del pianeta.
Ma era altrettanto bravo, quando faceva scalo immaginario nel porto di Napoli, perché le radici non si dimenticano, mai («Un posto che sento casa mia? L'Italia, nessun altro, a me piace vivere qui», mi ha detto in un'ultima intervista, meno di un mese fa), a riconnettersi con il suo mondo. L'amicizia con Troisi e quella meraviglia di Quando Quando, il ricordo di Nannarella in Anna verrà, le canzoni dedicate alle ultime figlie Sara e Sofia («per Alex e Francesco c'è… O' Scarrafone», e giù una risata), sono tutte perle della nostra canzone d'autore, dirette discendenti della canzone napoletana più classica.

Ma le leggi del mercato sono dure: l'ultimo album, La Grande Madre, Pino se l'era prodotto da solo, ormai lontano come filosofia e scelta di vita dalle Major discografiche. Si scherniva, «non sono più uno di successo», pur sapendo benissimo che il successo è una cosa, ma essere radicato nel cuore della gente, vivere in empatia con chi riconosce in te la sua voce, ha un valore molto diverso. Il tutto esaurito in quest'ultimo tour, con i vecchi amici -Tullio De Piscopo, Senese e Toni Esposito in primis - a scambiarsi sguardi d'intesa e sorrisi di gioia sul palco, lo dimostra.
In un certo senso, con questa ultima tournée Pino è tornato davvero a casa. Aldilà del talento, della classe e delle vendite, il segreto è tutto in un'ultima frase: «Quando ho cominciato c'era voglia di fare cose importanti, con una canzone».

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi