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Questo articolo è stato pubblicato il 13 gennaio 2015 alle ore 07:21.
L'ultima modifica è del 13 gennaio 2015 alle ore 08:21.

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L'elezione di Kolinda Grabar-Kitarovic alla presidenza delle Croazia porta con sè alcuni significativi elementi di novità. Assieme a qualche motivo di preoccupazione per la giovane Repubblica croata. Kolinda Grabar-Kitarovic ha 46 anni ed è la prima donna a diventare presidente di un Paese balcanico: era ora che accadesse.

È un esponente dell'Unione democratica croata, il partito conservatore e nazionalista fondato da Franjo Tudjman, ma è una cattolica moderata, addirittura di posizione progressista sull'aborto e sull'omosessualità. Viene dalla diplomazia: è stata ministro degli Esteri, ambasciatore a Washington e segretario aggiunto della Nato. Dovrebbe essere una garanzia per un piccolo Paese entrato nel 2013 nella Ue che guarda ai mercati mondiali e che vuole lasciarsi finalmente alle spalle le guerre degli Anni Novanta. E tuttavia ha vinto al ballottaggio con poche migliaia di voti di scarto su Ivo Josipovic il presidente musicista bocciato alla fine del primo mandato. Il Paese è diviso, la coabitazione tra Kolinda Grabar-Kitarovic e il governo socialdemocratico si annuncia difficile, e la lunga campagna elettorale che porta al voto parlamentare in autunno, rischia di bloccare ogni riforma in un Paese, da sei anni in recessione, che di riforme ne ha viste ben poche.

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