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Questo articolo è stato pubblicato il 13 gennaio 2015 alle ore 07:23.
L'ultima modifica è del 13 gennaio 2015 alle ore 08:16.

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Le grandi economie dell'Asia si affidano al nucleare per abbandonare le inquinanti centrali a carbone. A trascinare la domanda è la decisione di Pechino di costruire nuove centrali. Così, da maggio 2014, sui mercati mondiali il prezzo dell'uranio è balzato del 35%, sebbene resti lontano dai livelli del 2011. Persino Tokyo sta per riavviare i reattori spenti dopo lo tsunami. Sin dagli anni 60 il Giappone ha considerato il nucleare una priorità strategica divenendone leader nella R&D. Questa politica è stata rivista dopo Fukushima.

Prima gli impianti nucleari fornivano il 30% dell'energia elettrica, poi Tokyo si è affidata all'import di gas e carbone. Ma la conferma elettorale del premier Shinzō Abe ha accelerato il processo di riaccensione dei reattori purché in regola con le più strette norme per la sicurezza fissate dall'autorità di regolazione.
I governi asiatici alla prese con problemi ambientali ed energetici cercano di spalmare i rischi impliciti nella scelta nucleare facendo pressioni sulle imprese del settore perché aumentino l'impegno finanziario accollandosi parte dei costi nella fase di costruzione delle nuove centrali.
La Cina ha 22 reattori in attività, 26 in fase di realizzazione e di altri sta per essere iniziata la costruzione. Pechino ha pianificato di triplicare la capacità nucleare entro il 2030 e, adattando la tecnologia occidentale, è prossima all'autosufficienza nella produzione dei reattori. Intanto ha accresciuto l'esplorazione interna di miniere di uranio e le sue imprese si stanno assicurando l'accesso a tale risorsa in paesi esteri. Le imprese di Stato si muovono come players globali puntando anche alle energie rinnovabili in Europa (Gran Bretagna e Norvegia).

La giapponese Toshiba, in joint-venture con la francese GDF Suez, sta realizzando il più grande progetto nucleare europeo in Inghilterra (Moorside). Ma Toshiba controlla anche Westinghouse Electric, azienda americana specializzata in tecnologia nucleare che mira a raddoppiare le dimensioni in un decennio investendo sull'Asia orientale e sull'India. Hitachi ha acquisito il controllo di Horizon Nuclear Power e pianifica la costruzione di reattori in joint-venture con General Electric in Gran Bretagna.
Il nucleare è una priorità strategica anche per la Corea del Sud che, con 23 reattori in attività, ottiene 1/3 della sua elettricità dal nucleare e ha già pianificato un considerevole aumento di capacità entro il 2035. E cerca un accordo di cooperazione con gli Usa che le consenta di superare i limiti nel ciclo del combustibile imposti dagli accordi del secondo dopoguerra.

Un'aggressiva politica di espansione del nucleare è in corso in India, affamata di energia per l'obiettivo ineludibile dello sviluppo industriale e dell'elettrificazione del paese. Sebbene il governo intenda utilizzare quanto più possibile le rinnovabili (20%), il nucleare dovrebbe arrivare al 25% del fabbisogno entro la metà del secolo. L'ambiziosa visione del premier Narendra Modi è in sintonia con quella del presidente russo Vladimir Putin. La grave crisi ha inferto un'accelerazione alla strategia del Cremlino che ha fatto dell'export di beni e di servizi nucleari una priorità politico-economica.
Invece l'Europa continentale (in particolare Germania e Italia) ha adottato da tempo una politica di uscita o di riduzione del nucleare. Anche la Francia, che deriva circa il 75% della sua elettricità dal nucleare, dovrebbe scendere al 50% entro il 2025.
Quanto agli Usa, l'Amministrazione Obama si era impegnata a rilanciare il nucleare. In tal senso si sono mossi sia il Department of Energy che la Environmental Protection Agency; e il Nuclear Waste Administration Act del 2013 è stato disegnato per implementare i suggerimenti della Blue Ribbon Commission on Americaìs Nuclear Future, istituita nel 2010. Ma diversi fattori hanno trattenuto finora la ripresa di questa industria: l'abbondanza di shale gas a basso prezzo, la persistente sfiducia verso il nucleare dopo Fukushima, il costo elevato dei reattori e la questione delle scorie.

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