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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2015 alle ore 07:24.
L'ultima modifica è del 14 gennaio 2015 alle ore 07:39.

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La caduta dei prezzi del petrolio e del gas proietta ombre minacciose anche sulle energie rinnovabili, ma un po’ meno preoccupanti di quanto molti potrebbero pensare .

È vero, negli ultimi mesi il valore di Borsa di molte società impegnate nel solare o nell'eolico è caduto, e gli investimenti nel settore appaiono a rischio, complice la riduzione dei sussidi diretti e indiretti alle due fonti da parte di molti governi. E purtroppo, petrolio e gas a buon mercato rendono meno conveniente ricorrere alle rinnovabili da un punto di vista puramente economico.

Fu proprio il collasso dei prezzi del greggio del 1986 a uccidere il primo grande boom di solare e eolico, che aveva avuto come epicentro mondiale la California e come innesto iniziale i prezzi stellari del greggio raggiunti negli anni Settanta, frutto dei due shock petroliferi passati alla storia. Ma attenzione alle similitudini apparenti e alle facili deduzioni, perché per le rinnovabili ci sono buone notizie che rendono del tutto improbabile il ripetersi di uno «scenario californiano».

Sopra ogni altra considerazione, i costi di solare e eolico sono crollati negli ultimi 15 anni, e sono 25 volte inferiori a quelli degli anni Ottanta.

Nelle aree migliori, l'energia eolica ha ormai raggiunto la parità di rete, ed è quindi sostanzialmente competitiva con i costi delle fonti fossili. Non è molto amata dagli stessi ambientalisti per l'impatto sull'ambiente che il suo sfruttamento richiede (pochissimi nel mondo amano le immense distese di pale eoliche) e rimane una fonte intermittente - in grado di generare elettricità solo quando c'è vento. Ma ormai è una realtà consolidata dal punto di vista economico.

Molto più interessante il caso dell'energia solare, che impatti ambientali non ne ha.

I costi del solare fotovoltaico sono scesi del 70 percento dal 2000 al 2014, e oggi anche i pannelli più efficienti si producono a costi inferiori a un dollaro per megawatt (MW) – che possono scendere a 50 cent per quelli con efficienza più bassa di qualche punto percentuale. Certo, i costi di istallazione e gli iter burocratici possono far lievitare il prezzo reale per l'acquirente anche a 5-7 dollari per MW, almeno per i pannelli da istallare sui tetti. Ma la vera rivoluzione si sta realizzando nelle centrali elettriche fotovoltaiche, dove i costi totali si stanno rivelando straordinariamente bassi. E non si tratta di stime fatte da ambientalisti irragionevoli, ma dall'esito di alcune gare per la costruzione di centrali solari concluse negli ultimi mesi del 2014.

A dicembre, la saudita Acwa Power ha vinto la gara per la costruzione di una centrale solare da 100 MW a Dubai garantendo un costo di appena $60 per MW/ora; il mese precedente, il Brasile aveva ricevuto offerte di $85 dollari per MW/ora nella sua prima gara per forniture elettriche da solare. Si consideri che i prezzi all'ingrosso della generazione elettrica in Europa, nello stesso periodo, si aggiravano sui $65 per MW/h. Costi del tutto inattesi quelli usciti dalle gare a Dubai e in Brasile, perché si riferiscono non tanto al costo di istallazione (il MW), ma all'effettivo costo di generazione (il MW/ora) – che a sua volta tiene conto dell'intermittenza della luce solare, e quindi della sua indisponibilità per lunghe fasi dell'anno. Intanto, nel mondo la dimensione delle centrali solari sta crescendo anno dopo anno. La più grande, in via di completamento in California (Desert Sunlight Solar Farm), avrà una capacità di 550 MW – equivalente a una normale centrale alimentata a gas.

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