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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2015 alle ore 14:02.
L'ultima modifica è del 19 gennaio 2015 alle ore 07:29.

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Nel giugno scorso, il decreto Crescita ha consentito alle società quotate di concedere voto doppio a chi abbia posseduto le azioni per almeno due anni. Come insegna l'esperienza della Francia, dove questa norma esiste da anni, quasi esclusivamente i soci di controllo si giovano di questa facoltà, potendo così di fatto essi soli raddoppiare il proprio peso nelle assemblee e così preservare la propria posizione di controllo con un minore investimento.

Per questa ragione, le azioni a voto maggiorato sono particolarmente invise ai soci di minoranza, ossia agli investitori istituzionali.
Per concedere il voto doppio è necessaria una delibera dell'assemblea straordinaria. In sede di conversione del Decreto, il Parlamento ha inserito un comma grazie al quale, fino al 31 gennaio prossimo, per questa delibera è sufficiente il voto favorevole della maggioranza semplice invece che dei due terzi dei presenti (quorum agevolato).
La maggioranza dei due terzi per le modifiche dello statuto fu un'innovazione fra le più efficaci della legge Draghi del 1998: con essa l'Italia si è messa al passo con Francia, Germania, Inghilterra e Stati Uniti nel proteggere le minoranze dal rischio che la maggioranza unilateralmente modifichi aspetti fondamentali dei diritti degli azionisti, diminuendo il valore delle loro azioni.

Dunque, il quorum agevolato, per di più per una delibera così importante come quella sul voto doppio, rappresenta una lesione notevole degli interessi degli investitori. Tre società hanno convocato le assemblee entro la fine del mese. Con il voto doppio, il loro azionista di maggioranza otterrà per sempre il controllo dell'assemblea straordinaria, abrogando di fatto la tutela di cui hanno goduto le minoranze per quasi vent'anni: raddoppiando essi soli il proprio voto, disporranno infatti dei due terzi dei voti in assemblea, sufficienti per prendere da soli qualunque delibera.
Sarebbe grave se Governo e Parlamento cedessero alle pressioni di altre società quotate per estendere oltre il termine del 31 gennaio il quorum agevolato.

Il segnale che si darebbe agli investitori istituzionali, domestici e internazionali, sarebbe particolarmente negativo, in sé e per le sue implicazioni. Non solo essi correranno ulteriormente il rischio del venir meno di un potere di interdizione su aspetti fondamentali della vita della società nelle società che hanno un azionista di maggioranza. Non solo saranno esposti al pericolo che nelle prossime assemblee annuali delle società con un azionista di controllo di fatto, questi rafforzi il proprio dominio senza dover comprare azioni facendo passare la proposta grazie al fisiologico assenteismo di molti soci di minoranza.

Ma soprattutto, gli investitori istituzionali percepiranno con chiarezza il messaggio per cui è ingenuo, in Italia, confidare nelle tutele pur previste dalla legge e che ogni occasione è buona per metterle da parte sulla base di pressioni contingenti quanto opache.
Invitiamo dunque il Governo e il Parlamento, se hanno a cuore l'afflusso di investimenti nella borsa italiana e, dunque, la possibilità per le imprese di assicurarsi l'accesso a fonti di finanziamento alternative al prestito bancario, a non procedere, né in sede di conversione del Decreto Milleproroghe né in seguito, all'estensione temporale del quorum agevolato per l'introduzione del voto plurimo. Ne va, in ultima analisi, della credibilità del nostro mercato azionario.

Alberto Alesina, Angelo Baglioni, Francesco Bartolucci,
Alberto Bisin, Tito Boeri, Andrea Boitani, Massimo Bordignon,
Sabrina Bruno, Lucia Calvosa, Francesca Cornelli,
Valentino Dardanoni, Francesco Daveri,
Alessandro De Nicola, Daniela Del Boca, Francesco Denozza,
Luca Enriques , Mara Faccio, Carlo Favero,
Mario Forni, Marzio Galeotti, Pietro Garibaldi,
Francesco Giavazzi, Luigi Guiso, Tullio Jappelli,
Francesco Lippi, Alberto Mazzoni, Enrico Moretti,
Marco Onado, Alessio M. Pacces, Fausto Panunzi,
Alessandro Penati, Franco Peracchi, Michele Polo,
Paola Sapienza, Carlo Scarpa, Fabiano Schivardi,
Lorenzo Stanghellini, Mario Stella Richter, Guido Tabellini,
Francesco Vella, Paolo Zaffaroni, Luigi Zingales

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