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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2015 alle ore 07:23.
L'ultima modifica è del 22 gennaio 2015 alle ore 09:07.

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Chi sono gli Houthi che hanno conquistato il palazzo presidenziale di Sanaa? Sulla strada di Sada, la loro storica roccaforte nel Nord dello Yemen, apparvero all'improvviso cinque anni fa sullo sfondo di montagne acuminate e taglienti, come fossero emersi dal nulla con i turbanti colorati, il kalasknikov a tracolla, sfiniti dalla battaglia ma padroni di questi santuari di roccia scura, crateri e fortificazioni millenarie che conoscono alla perfezione, dove né l'esercito dell'ex presidente Abdullah Saleh e neppure i bombardamenti dell'aviazione saudita li hanno mai stanati.

«Siamo qui per rivendicare i nostri diritti», dichiarò con orgoglio ma quasi senza speranze di successo questo esercito male armato con qualche vecchio guerriero e molti adolescenti che ruminavano incessantemente le foglie di qat per placare la fame (si veda Il Sole 24 Ore del 18 dicembre 2009, pag 16).

Che questo movimento ispirato allo zaidismo, ramo secondario dello sciismo, guidato da un giovane capo clan, Abdulamalik al Houthi, potesse conquistare una capitale lontana e ostile sembrava un azzardo impensabile, così come appariva impossibile un decennio prima che le turbolente e disordinate schiere dei talebani si impadronissero di Kabul. Ma solo un anno fa quasi nessuno aveva sentito nominare Abu Bakr Baghdadi, l'autoproclamato Califfo che oggi tiene in scacco la Siria e l'Iraq nonostante i raid della coalizione internazionale guidata dagli americani.

Il nuovo Medio Oriente è questo, dove si disegna da qualche anno una carta geografica con frontiere, mobili e incerte, dove sono stati inghiottiti i confini delle dittature dei vecchi raìs sostituiti da nuovi padroni e poteri. E lo Yemen potrebbe diventare l'Afghanistan della penisola arabica, un altro Stato fallito nel cuore del sistema geopolitico delle monarchie del Golfo dove è ancora custodita la metà delle riserve petrolifere mondiali. Come è potuto avvenire e quali saranno le conseguenze nella lotta al terrorismo di Al Qaeda che ha rivendicato il massacro parigino a Charlie Hebdo?

La Yemen Connnection, arrivata con i fratelli Kouachi al cuore dell'Europa, è cominciata qui e per capire un problema diventato anche nostro basti pensare che dal 2002 gli Usa hanno lanciato in Yemen centinaia di attacchi con i droni per contrastare gli estremisti islamici. Per loro, anche se sunniti e nemici degli sciiti Houthi, il caos a Sanaa rappresenta un'occasione per rafforzare la loro presenza e i santuari nella catena dell Hadramauth.

Lo Yemen è un'antologia degli errori che fanno nascere il terrorismo jihadista e portano al disfacimento di uno Stato. Come avrebbe detto Pasolini, che qui girò il Decameron, lo Yemen è stato divorato da una lebbra. Al Qaeda si è inserita nella crisi perché qui vantava da tempo una presenza importante. Lo stesso Saleh negli anni 90 si era servito di Al Qaeda per reprimere i ricorrenti tentativi di secessione del Sud e aveva utilizzato elementi del radicalismo islamico sunnita proprio per contrastare la rivolta sciita degli Houti nel Nord.

Ma presto anche lo Yemen, non riuscendo a risolvere i suoi problemi dall'interno, è diventato il campo di battaglia di una guerra per procura. Anche dopo la caduta di Saleh, il nuovo esecutivo nato della rivolta araba del 2011, ha affidato la guerra ad Al Qaeda agli Usa mentre il governo del deposto presidente Mansur Hadi si dimostrava incapace di combattere violenza, terrorismo e corruzione.

L'Iran sciita è stato abile a sfruttare la situazione sostenendo la guerriglia dei “cugini” yemeniti Houthi e ha giocato sulle contraddizioni e le incertezze dell'Arabia Saudita, che prima aveva appoggiato Saleh, poi, dopo la sua caduta, ha temuto a Sanaa un'affermazione dei Fratelli Musulmani come in Egitto. Dopo avere lanciato una campagna militare fallimentare, in cui bombardava gli sciiti ma non Al Qaeda, Riad è stata incapace di agire. Ma anche Usa e Ue si sono dimostrati impreparati davanti all'ampiezza della crisi yemenita: non bastava la campagna dei droni contro i jihadisti per stabilizzare un Paese dove il 50% della popolazione è denutrita e vive con meno di due dollari al giorno.
La resa della capitale yemenita mette i sauditi con le spalle al muro: a Nord confinano con il Califfato a Sud con gli Houthi sciiti, alleati di Teheran, e al Qaeda - tutti nemici del Regno - mentre Riad e l'Occidente non riescono a vincere la partita in Siria e in Iraq. Ecco un'altra storia sbagliata che pagheremo.

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