Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2015 alle ore 08:13.

My24

I riflettori dei media puntati sull’Expo hanno permesso anche ai non addetti ai lavori di venire a conoscenza di dati importanti, come le conclusioni del Millennium Summit delle Nazioni Unite in cui venne stipulato un patto globale tra Paesi ricchi e Paesi poveri finalizzato a realizzare un mondo più sicuro e più equo. Nel 2000 i capi di Stato e di governo presero la decisione «di dimezzare, entro il 2015, la percentuale della popolazione mondiale il cui reddito è inferiore a un dollaro al giorno e la percentuale di persone che soffrono la fame e, entro la stessa data, di dimezzare la percentuale di persone che non sono in condizione di raggiungere o non possono permettersi di bere acqua potabile». Siamo arrivati al 2015 ed è quindi naturale chiederci quale siaoggi la condizione dei più poveri e lo stato della fame nel mondo.

Ancora i media, con oscillazioni talora significative, ci informano che nonostante il trend positivo per una netta riduzione del numero assoluto di affamati, secondo le ultime stime della Fao oggi più di 800 milioni di persone – in particolare donne e bambini – soffrono ancora per un’alimentazione insufficiente o inadeguata a consentire loro una vita dignitosa. Paradossalmente, la maggior parte di costoro vive in aree rurali e svolge attività legate all'agricoltura. Mentre Cina, Vietnam, Brasile sono riusciti ad ottenere risultati significativi, si è ulteriormente aggravata la situazione dell’intera Africa Sub-Sahariana, per l’incessante aumento, con ben poche eccezioni, del numero di affamati su scala regionale.

Persiste inoltre il fenomeno della cosiddetta “fame nascosta”, una forma di sottonutrizione caratterizzata in particolare da una carenza di vitamine e di sali minerali, che colpisce attualmente oltre 2 miliardi di persone e nel lungo periodo – dicono gli esperti – può avere effetti irreversibili sulla salute umana e sul benessere degli individui compromettendone le capacità.

Si impone a questo punto la necessità di una valutazione generale degli sforzi globali di lotta alla fame fin qui condotti, in una prospettiva nuova che sappia far tesoro dell’esperienza passata, abbracciare le sfide ancora aperte portandole con nuovo vigore all’attenzione della comunità internazionale. La definizione dell’Agenda Post-2015 per lo Sviluppo Sostenibile da parte dell’Onu rappresenta quindi un’occasione unica per rinnovare la strategia globale di lotta alla povertà e operare scelte coraggiose in grado di porre fine alla tragedia della fame. È infatti solo un ostinato pregiudizio ad affermare che non esistono i mezzi per vincere la fame nel mondo.

In un contesto di sacrosanta rivendicazione dei diritti dell'uomo, come il nostro, non possiamo passare sotto silenzio la sistematica violazione del “diritto al cibo”. Se ne occupa la Carta di Milano, stesa in occasione dell’Expo per coinvolgere i cittadini del mondo «nel combattere la denutrizione, la malnutrizione e lo spreco, attraverso quattro prospettive interconnesse: cibo, energia, identità e dinamiche della convivenza». Perché il nobile intento della Carta di Milano non “resti sulla carta” occorre anzitutto riconoscere che oggi la fame non è una questione di domanda e offerta di cibo a livello globale, ma di accesso al cibo per le popolazioni più vulnerabili. Pertanto limitarsi ad incrementare la produzione agricola non risolve il problema. Gli esperti ci dicono che se un aumento della produttività è auspicabile, questo chiede di essere accompagnato da azioni volte a promuovere un approccio integrale al problema della fame. Non bisogna trascurare nessuno dei fattori in campo, partendo dai livelli macro fino a giungere a quelli micro. Aumentare nei più deboli la capacità di affrontare e superare eventi di crisi quali instabilità politica o fenomeni climatici estremi, rappresenta una priorità per la comunità internazionale in termini di sviluppo globale: una parte essenziale di tale processo consiste proprio nel rafforzare la loro sicurezza alimentare e nutrizionale. Va però promossa una diffusa azione educativa capace di incidere realmente sugli stili di vita. L’incremento dell’offerta di cibo deve essere integrato con la drastica riduzione degli sprechi. E bisogna combattere la crescita dei casi di obesità e non solo nei Paesi ricchi.

Raggiungere gli obiettivi descritti è condizione necessaria ma non sufficiente per nutrire la vita di “tutto l’uomo” e di “tutti gli uomini”.

Il padiglione della Santa Sede e quello della Caritas internazionale presenti all’Expo vogliono far riflettere su una decisiva affermazione: «Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Vangelo di Matteo che trova già paralleli nell’Antico Testamento). L’uomo è «uno di anima e di corpo» (Concilio Vaticano II). Due poli costitutivi in necessaria unità come i poli di una calamita. La “parola”, che connota in modo radicale l’essere umano, nutre perché fa scoprire la gioia dell’incontro e del rapporto con se stessi, con gli altri e con Dio e dilata il bisogno di cibo al desiderio di vita piena. Non è un caso che l’esigenza di nutrirsi abbia dato vita all’arte culinaria e che la convivialità e l’ospitalità siano dimensioni essenziali del mangiare. Per questo nutrire la vita domanda un’ecologia allo stesso tempo umana e ambientale.

Solo in questa prospettiva integrale possiamo pensare di costruire un sistema alimentare più giusto che non dimentichi i più poveri e vulnerabili e riconosca nei fatti il diritto al cibo come un diritto umano.

Il Cardinale Angelo Scola è arcivescovo di Milano

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi