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«Volkswagen compromette il made in Germany»

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IL CASO

«Volkswagen compromette il made in Germany»

«È stato un errore stupido, che può minare la credibilità del made in Germany». Jens Weidmann, presidente della Bundesbank (la banca centrale tedesca) non si sottrae alla domanda più spinosa per qualunque tedesco: quella sullo scandalo della Volkswagen. Al Teatro Odeon di Firenze, davanti a 800 giovani studenti riuniti dall'Osservatorio permanente giovani-editori, lo dice chiaro e forte: quanto accaduto nella casa automobilistica è stato un errore stupido.

Un errore che potrebbe avere conseguenze serie sull'economia tedesca. Ma i danni – avverte – non si sentiranno solo in Germania: l'economia europea è così interconnessa che gli effetti si vedranno ovunque: anche in Italia o in Spagna. «Quando viene esportata un'auto tedesca – osserva – vengono esportate anche le sue parti fatte in Italia o in altri Paesi». Insomma: lo scandalo è tedesco, ma l'impatto sarà europeo. Mal comune...

Weidmann, di fronte ai giovani studenti («con loro ho passato 90 minuti divertenti» confessa ai giornalisti dopo il meeting), tocca però tutti i temi dell'economia e della finanza mondiale, con l'obiettivo di far crescere la cultura economica nel nostro Paese: parla di Cina, dell'economia tedesca, del futuro dell'Europa, dell'emergenza immigrazione. Non si sottrae ad alcuna domanda. Solo su quella per lui più sensibile risponde a metà, in maniera sibillina: quella sul quantitative easing, cioè sul bazooka monetario che terminerà nel settembre 2016 e che sta contribuendo a far ripartire l'Europa. Mario Draghi, il presidente della Bce, qualche giorno fa ha lasciato intendere che la Bce potrebbe aumentarne la portata se necessario, incrementando l'importo oppure allungandolo nel tempo. Com'è noto, la Bce sta stampando moneta al ritmo di 60 miliardi di euro al mese fino al settembre 2016: ma dato che l'inflazione resta bassa e che la crescita è ancora debole, Draghi ha aperto la porta proprio pochi giorni fa a una sua estensione. Cosa, tra l'altro, attesissima da tutti gli economisti.

Ma alla domanda se sia d'accordo, Weidmann risponde a metà. O meglio, lascia intendere di non essere così d'accordo. «Io credo, come tutti i membri della Bce, che i problemi della crescita non possano essere risolti con la politica monetaria. Con il denaro. Il nostro obiettivo è di garantire la stabilità monetaria, cioè riportare l'inflazione poco sotto il 2%, ma la crescita economica è un tema politico. Servono riforme del mercato del lavoro, bisogna risanare le finanze pubbliche e affrontare il problema della demografia. Queste non sono tematiche che una banca centrale può affrontare». Insomma: la Bce – dice – non può farsi carico dei problemi europei. Se gli si fa notare che l'inflazione è bassissima (ben sotto l'obiettivo del 2% inserito nello statuto della Bce) e che l'economia europea è minata dal rallentamento in Cina, Russia e Brasile, Weidmann sorprende tutti: «Le nostre stime sull'inflazione prevedono che torni vicina al 2% nel 2017». Lo ripete tre volte.

Il presidente della Bundesbank mostra anche un certo ottimismo sulla crescita tedesca, nonostante la frenata cinese (importante partner commerciale della Germania) e nonostante lo scandalo Volkswagen (che è la prima industria tedesca). E ostenta ottimismo anche sulla ripresa europea. «Il quadro congiunturale non è così fosco come può sembrare – dice -. Nonostante le diverse velocità di ripresa dei vari Paesi, il quadro resta intatto. E anche l'inflazione si avvicina al 2%». Come dire: non c'è alcun bisogno di aumentare il quantitative easing. Il linguaggio è tecnico e garbato, ma perentorio. Non stupisce, dato che Weidmann è noto per essere il grande oppositore, in seno alla Bce, delle politiche monetarie ultra-espansive.

Weidmann, incalzato dalle domande del direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, di molti studenti e, successivamente di vari giornalisti in conferenza stampa, tocca anche tanti altri temi. Per esempio quello dell'immigrazione. «In Germania c'è un grande dibattito su questa emergenza – spiega-. La cosa davvero importante è che le persone che vengono da noi per rimanere, possano essere inserite nella società e nel mondo del lavoro. Questi flussi di immigrati possono essere una risorsa per l'economia tedesca, perché la Germania ha un serio problema demografico di invecchiamento della popolazione». Ma – ribadisce il presidente della Bundesbank – queste persone devono essere integrate nella società e nel mercato del lavoro. Il presidente della Buba, così viene chiamata la banca centrale tedesca, offre agli studenti anche una visione sul futuro dell'Europa: un'Europa, a suo avviso, che deve aumentare l'integrazione. Non possono esserci vie di mezzo, dice. Bisogna insomma andare verso un'integrazione politica, oltre che monetaria: ma questo comporta grandi responsabilità per tutti.

L'atmosfera al teatro Odeon e nella successiva conferenza stampa è molto distesa. Weidmann mostra grande intesa sia con gli studenti, sia con i giornalisti. Spiega, usa parole semplici. Cerca di essere divulgativo, in linea con lo spirito dell'iniziativa “young factor” dell'Osservatorio permanente giovani-editori. Ma non arretra sulle sue posizioni riguardo alla politica monetaria. Non si tira indietro di fronte alle domande sullo scandalo Volkswagen, sebbene – ammetta – non è sua competenza parlarne. Infine non perde l'occasione per togliersi anche un sassolino dalla scarpa: la sua proverbiale opposizione al presidente Bce Mario Draghi, dice, è mitologia. Weidmann non vuole essere definito l'anti Draghi. Sarà: nei fatti, però, e soprattutto nei voti, lo è.

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