Scene da un paese umbro sotto l’assedio del sisma. L’area operativa del Coc, il Centro operativo comunale di Norcia, è nel parcheggio della sala polivalente, un’antiestetica struttura inaugurata per il Giubileo del 2000 a qualche metro da Porta Romana.
Dopo il 24 agosto la sala polivalente ha ospitato il quartier generale del coordinamento comunale e le brandine d’emergenza sulle quali hanno dormito per settimane donne, bambini e anziani: il sisma del 30 ottobre ha fatto precipitare la cucina del pub che stava al piano superiore all’interno di quella che in teoria doveva essere la struttura più sicura di Norcia. Coc sigillato con il nastro bianco e rosso e trasferito nelle tende all’aperto della Protezione civile.
Ieri mattina c'era di corvè il vicepresidente della Regione Umbria e assessore all’Economia e Turismo, Fabio Paparelli: rincuora i parenti dei malati di Alzheimer con una carezza, sorride paterno all’imprenditrice con il magazzino spaccato in due come un cocomero, rilascia con studiato fair play un’intervista a un’inviata della Rai.
Paparelli si muove come se fosse il sindaco, momentaneamente, riferisce l’assessore regionale, intento a sbarbarsi dopo una delle tante notti di passione. Il Coc è come un accampamento militare, un via vai un po' caotico di uomini e donne in divisa di tutti i variegati corpi delle forze dell’ordine impegnati ognuno nella sua personale missione. Su tutti spiccano le tute coloratissime con caschetti verde pistacchio e Land Rover in tinta degli uomini del gruppo speleologico della Protezione civile umbra.
Paparelli guarda l’orologio e si avvia velocemente verso una Punto con autista. Deve fare un giro tra alcune delle 25 frazioni di Norcia. In macchina chiama la segreteria di uno dei sottosegretari agli Interni: «Arriva l’Esercito? Devi confermarmi l’invio di almeno 80 uomini». All’altro capo del telefono lo rassicurano. Nel pacchetto ci sono anche 150 volontari della Protezione civile, dislocati in due con un’auto per ogni frazione. «Il coordinamento tra Norcia e le frazioni è fondamentale», dice Paparelli con l’aria soddisfatta di chi sta aggiungendo un altro tassello a un’organizzazione che tra qualche giorno girerà al massimo. Prima tappa Ancarano: le sentinelle sul territorio del vicepresidente umbro sono i presidenti della Proloco. Venanzio Santucci, a capo di quella di Ancarano, ha montato in fretta e furia il tendone verde pieno di brandine sotto il quale in estate si tiene la festa del ferragosto ancaranese. Appena vede Paparelli lo abbraccia e piange. Nella tenda accanto si tiene la messa con il parroco di Sant’Eutizio, l’abbazia sbriciolata dal sisma. Qualche metro più in là troneggia, ferita ma ancora in piedi, la chiesa romanica della Madonna bianca, sei archi sormontati da un convento e un campanile che digradano su un prato verde smeraldo. Da Ancarano a Campi, tra colline che esplodono di tutti i colori dell’autunno e un sole tiepido.
Roberto Sbriccoli mostra con orgoglio la struttura di 300 metri quadri che ospita la Proloco. Una casamatta con un elegante tetto in legno inaugurata dieci giorni prima del terremoto di Amatrice. «È in classe quattro, praticamente indistruttibile». La sede della Proloco, pure questa una distesa ordinata di brandine, ha salvato dalla fame e dal freddo decine di donne e bambini di Campi. In cucina, tutta di acciaio inox, due cuoche si affannano ai fornelli. Paparelli sospira: «Ci vorrebbe una struttura come questa per ogni frazione». Sbriccoli annuisce: «Il solaio di legno pesa venticinque volte in meno di quello in cemento armato. A noi è costata solo 100mila euro. Il progetto e i calcoli ce li hanno regalati».
Ultima tappa è San Pellegrino, la frazione più colpita dopo il sisma del 24 agosto, in guerra aperta con il sindaco Alemanno. Tende sì, tende no, è stato uno dei motivi dello scontro. E alla fine, dopo che le comunicazioni con il Comune si erano bruscamente interrotte, 125 abitanti di San Pellegrino hanno messo le loro firme in calce a una lettera per chiedere udienza ad Alemanno, il sindaco di Centro-destra eletto nel 2014 (ma era stato sindaco nel 2008, anche se poi sfiduciato).
San Pellegrino è un campo spianato con sullo sfondo un ammasso di macerie. Prima del 24 agosto era un piccolo borgo felice dove la comunanza agricola, una sorta di governo parallelo che gestisce i pascoli e la legna dei boschi con la partecipazione dei capifamiglia, aveva donato 300 mila euro per ristrutturare la chiesa di Santa Giuliana. «Tutto inutile, ormai la chiesa è sparita», dice Luciano Severini, un impiegato con gli occhi tristi che non tocca cibo da giorni. Riziero Orsini, un signore anziano, abbraccia Paparelli e si commuove. Suo figlio lo rincuora e racconta che la notte del 24 agosto l’unico a rispondere al telefono fu il vicepresidente della Regione, che 12 ore dopo fece arrivare le tende a San Pellegrino.
Paparelli ormai è uno di famiglia, e racconta come si svilupperà la sequenza degli aiuti: «Moduli abitativi entro Natale, casette in primavera». Resta da chiarire chi sbancherà i terreni, provvederà alle espropriazioni e realizzerà le opere di urbanizzazione primaria. Paparelli ha un dubbio: prende lo smartphone, digita un numero e comunica in diretta: «I progetti li farà la Protezione civile, le opere l’Agenzia forestale della Regione Umbria ed eventualmente alcune ditte private di supporto». A San Pellegrino devono tener duro fino a dicembre. Qualcuno ci prova: «Le casette di legno possiamo tenercele per sempre?». Scoppia una risata. Un giovanotto sta al gioco e rilancia. «Volete tenervi anche i moduli abitativi? Sarebbero ideali come ricoveri per gli animali».
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