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Dossier | N. 12 articoli#IOTIVOTOSE

«Da Adriano Olivetti a Casaleggio, vi spiego perché voto Cinque Stelle»

La famiglia Libertino presso la palestra e spa La direzione del benessere
La famiglia Libertino presso la palestra e spa La direzione del benessere

Ubaldo Libertino, elettore del Movimento Cinque Stelle. A Ivrea, la città di Adriano Olivetti e – anche – di Gianroberto Casaleggio. Dice Libertino: «Questa è stata una delle parti più ricche del nostro Paese. Io e i miei amici abbiamo avuto la fortuna di crescere qui. A Ivrea trovavi prosperità, cultura e uno standing internazionale. Da tanto tempo, non è più così». Fino a poco tempo fa al bar Sergio - a fianco del vecchio casello autostradale di Ivrea - trovavi l'annuncio scritto a mano e appiccicato alla cassa con lo scotch: «Vendesi letto a due piazze in ottone». Queste sei parole rispecchiano il passaggio di un territorio – Ivrea e l'Eporediese – che ha prima compensato la deindustrializzazione della Olivetti informatica grazie alla diversificazione nei servizi telefonici di Omnitel e Infostrada e grazie a un tessuto vitale di piccole e medie imprese, per poi finire dritto dentro la Grande Recessione del 2008, sperimentando così il combinato disposto di crisi economica, riflusso demografico e impoverimento sociale.

Gli “orfani” dell’epoca Olivetti
Continua Libertino: «La Olivetti degli Olivetti e di Carlo De Benedetti ha garantito per quasi un secolo, a tutti noi, non solo l'agiatezza, ma anche un clima europeo. Da adolescenti o da universitari, quando andavamo a Londra o a Parigi, non ci sentivamo in alcun modo dei provinciali o dei parvenu». Libertino, classe 1969 e una laurea in informatica, è titolare di una piccola azienda – la BJ Consulting – specializzata in e-security per i Comuni. Nella sua impresa, lavorano in cinque. Oltre a fare il piccolo imprenditore, insegna matematica e fisica al liceo scientifico Antonio Gramsci di Ivrea. Per spiegare perché ha deciso di votare alle prossime elezioni nazionali del 4 marzo il Movimento Cinque Stelle, Libertino parte proprio da quell'annuncio sul letto a due piazze in ottone. Lo rievoca seduto a uno dei tavolini di Balla, pasticceria storica di Ivrea, fra il fiume Dora Baltea e la Torre medievale di Santo Stefano, a poche centinaia di metri dall'edificio di Cappai e Mainardis, una delle principali architetture olivettiane, oggi usurata dal tempo.

Sempre più pensionati, sempre meno residenti
«Io non ho una particolare fascinazione per Gianroberto Casaleggio – racconta – non voto Cinque Stelle perché lui era di Ivrea né perché qui si svolge ogni anno il convegno del movimento. Voto Cinque Stelle perché credo in una proposta politica di rottura, l'unica che possa dare una scossa a questo Paese. A me fa impressione pensare che cosa eravamo e che cosa siamo diventati. A Ivrea e in Italia. Ogni tanto penso a quell'annuncio in cui qualcuno si vende il letto. Qui nessuno, una volta, lo avrebbe fatto. Quel biglietto vale l'immagine dei capannoni vuoti di Scarmagno, che fino a venticinque anni fa ospitavano le attività informatiche della Olivetti. I miei genitori erano siciliani, di Piazza Armerina. Nemmeno in Sicilia trovavi offerte di quel tipo. Ivrea, per me, è il simbolo dell'Italia: abbiamo bisogno di un salto nel vuoto, da fare insieme ad un movimento antisistema». Astraendosi dalla contingenza delle elezioni nazionali – e anche dalla tornata amministrativa, dato che a Ivrea quest'anno si voterà pure per il nuovo sindaco – i dati elaborati dall'Istat per il Sole-24 Ore mostrano una tendenza di lungo periodo che ha scavato e rimodellato il profilo urbano, demografico ed economico di una delle capitali italiane del Novecento fordista, il secolo delle fabbriche.

Secondo i censimenti dell'Istat, nel 1971 – due anni dopo la nascita di Ubaldo – i residenti erano 29.152; nel 2011, anno dell'ultimo censimento, sono diventati 23.592. Secondo il Comune di Ivrea, oggi i residenti sono 23.659. Un quarto in meno. Nel 1971, chi aveva meno di 24 anni era il 35,2% della popolazione e chi ne aveva oltre 65 il 10,9%; nel 2011, queste quote sono diventate rispettivamente il 20% e il 28,1 per cento. Il dato più impressionante riguarda la percentuale di pensionati sulla popolazione non attiva. Nel 1971 era il 33,1 per cento. Nel 2011 i pensionati sono diventati il 65,3 per cento. In mezzo, c'è stato di tutto: le ondate di prepensionamenti e di pensionamenti nella Olivetti fra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta e la terziarizzazione dell'economia italiana che, qui, ha assunto un profilo ancora più marcato. Nel 1971, la quota di popolazione attiva impegnata nell'industria era pari al 65,9 per cento. Nel 2011, la quota di forza lavoro concentrata nell'industria è diventata il 22,7 per cento. Il tasso di disoccupazione è stato del 10,7% nel 1991, del 5,6% nel 2001 e del 9,5% nel 2011.

La ricchezza «sfuggita tra le dita» a una generazione
«Qui a Ivrea – riflette Libertino – è palpabile il senso diffuso, fra chi è nato fra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, di avere visto la ricchezza sfuggire dalle dita. Non è invidia per chi è nato prima. Ma, di sicuro, è amarezza per le minori possibilità e per un futuro più difficile». Libertino ha dovuto costruirsi una doppia identità: non solo piccolo imprenditore, ma anche insegnante di scuola media superiore. Una esistenza sobria e dignitosa, per sé e la moglie Fabiana, segretaria in una multinazionale che ogni giorno fa la pendolare con Torino, e i figli Jacopo e Rosa, di 11 e 4 anni. La quotidianità da vivere con oculatezza: «Faccio la spesa nei supermercati low cost, mi sembra importante gestire al meglio un budget familiare che oggi è così e domani non si sa», spiega mentre prende il carrello della Lidl. Il mutuo da pagare. I bilanci della società da rivedere anno dopo anno. Ci spostiamo nella sua casa, un bell'appartamento borghese con giardino, in un condominio residenziale: «Non mi manca niente. Anche se ho sempre l'impressione di essere arrivato quando la festa era finita. E, anche per questo, voto con convinzione, fin dal 2006, il movimento di Beppe Grillo. Almeno i Cinque Stelle non hanno responsabilità nel declino del Paese».

A Ivrea, nel 2013 il movimento ha preso alle elezioni politiche alla Camera il 24,2% (contro il 25,5% a livello nazionale) e, al Senato, il 22,44 per cento (a fronte di un dato nazionale del 23,8%), mentre alle amministrative ha ottenuto il 10,58 per cento. A Ivrea è nata la componente tecnologica dei Cinque Stelle. «Nel 1997 – ricorda un ex dirigente della Olivetti, Carlo Ronca – io ero partner di Consiel e insieme a Logicasiel, di cui era amministratore delegato Casaleggio, organizzammo delle attività sulla formazione a distanza». Ivrea è stata anche la sede di Webegg, la società in cui nel 1998 venne condotto quello che Jacopo Iacoboni, giornalista della Stampa che segue i Cinque Stelle, ha chiamato “L'esperimento”, definizione che ha dato anche il titolo al suo libro edito da Laterza. L'esperimento –ossia la definizione e la manipolazione del consenso calato dall'alto nei forum della intranet aziendale – è così raccontato nel saggio da Carlo Baffè, un ingegnere allora impegnato nella società guidata da Casaleggio: «Si iniziò allora in Webegg a usare il forum per fare passare certe posizioni di Roberto come se fossero frutto di una discussione democratica. Il metodo organizzato in queste riunioni era il seguente: un membro del gruppo funzionale Intranet lancia una discussione su un tema, un altro membro risponde con una posizione contrastante, poi altri due membri prendono le parti del primo. Un po' alla volta i normali dipendenti prendevano le parti del primo, e si creava quella che Roberto chiamava “la valanga del consenso”».

Ivrea e i Cinque Stelle, storia di un rapporto
Di fronte a queste pagine, Libertino non resta spiazzato: «Lo so che in molti trovano pericolosa la costruzione del meccanismo di formazione del consenso dall'alto tramite le reti: sono un informatico, me ne rendo conto. Ma la politica ormai è questa: la tecnologia ne è una parte essenziale. I Cinque Stelle sono più nativi digitali degli altri, ma questo riguarda tutti i partiti politici. Però, a me piace il succo del messaggio politico dei Cinque Stelle, in particolare la loro attenzione per i piccoli imprenditori. A me, in un Paese come l'Italia che conosce così tanto la malversazione, non sconvolge che qualcuno non abbia mantenuto la promessa di restituire parte del compenso da parlamentare o da senatore: a me interessa di più che 24 milioni di euro siano finiti nel fondo per le piccole imprese del Ministero delle Finanze».

Ivrea e i Cinque Stelle. Un rapporto simbolico forte. Il 7 aprile 2017 – a un anno dalla scomparsa di Gianroberto Casaleggio – il figlio Davide Casaleggio organizzò un convegno nelle Officine H della Olivetti. Una manifestazione che verrà ripetuta anche quest'anno, sempre il 7 aprile. A Ivrea Davide Casaleggio va in piscina. Ivrea è la normalità. Ma, almeno in parte, è anche la strategia. «Davide Casaleggio – ragiona il libraio Davide Gamba, titolare della libreria Mondadori, dove è stato presentato il libro di Jacoboni – mi pare al cento per cento concreto e pragmatico. Il padre Gianroberto aveva una componente vagamente millenaristica e di sicuro sincretista in cui provava a rielaborare in minima parte il mito olivettiano. Anche se, a mio avviso, Adriano non c'entra nulla con il movimento. Le differenze storiche sono troppo forti».


Una analisi condivisa anche da Marco Peroni, autore di una “Guida alla città di Adriano Olivetti”, pubblicata dalle Edizioni di Comunità, la società di proprietà di Beniamino de Liguori Carino, il nipote di Adriano. Dice Peroni: «Nelle istanze dei Cinque Stelle trovi il computer e la tecnologia, ma è assente la grazia, la tensione culturale umanistica. Si rischia di precipitare in una sorta di algoritmo del malcontento». Aggiunge Gamba: «Peraltro, qui a Ivrea non mai ho avvertito una grande partecipazione pubblica diffusa e continuativa da parte dei Cinque Stelle alla vita e al miglioramento della città». Nella eterna tensione italiana fra politica e società e fra società ed economia, il caso di Ivrea assume una valenza paradigmatica. Da un lato si è verificata la fine dell'informatica olivettiana – coerente con la crisi della informatica europea, generata direttamente dal ceppo fordista della elettromeccanica, a differenza di quella americana – e dall'altro si è assistito alla trasformazione dell'industria in servizi, con la gigantesca costruzione di valore verificatasi a metà anni Novanta con Omnitel e Infostrada.


«Voto contro, ma anche a favore»
È coerente con quest'ultimo contesto la trasformazione in un centro polifunzionale – «La direzione del benessere» – di una parte della Nuova Ico, progettata nel 1956 da Figini e Pollini. Una operazione da 2 milioni di euro, che oggi dà lavoro a 26 persone, coordinata da Michele Cavaliere, un imprenditore della ristorazione che ha raccolto i capitali di una serie di piccoli e medi imprenditori e di professionisti di Ivrea. «Con la Soprintendenza alle Belle Arti – racconta Cavaliere – abbiamo fatto un lavoro certosino, rispettando ogni vincolo estetico e architettonico. Tutti i soci hanno voluto fare qualcosa per la loro città. Nessun intento speculativo. Solo amore per la nostra comunità». I piccoli imprenditori e i professionisti che si sono radunati per realizzare questa operazione riflettono una Ivrea che, nonostante la fine qui traumatica del paradigma della grande impresa, si è convertita al modello della piccola impresa. Sempre secondo l'Istat, infatti, nel 1991 le unità locali delle imprese private erano 2.082, con 14.797 dipendenti; nel 2001 sono diventate 2.522 con 14.201 addetti. Nel 2011 sono diventate 2.582 con 14.488 addetti. E' cambiato tutto. Ma l'occupazione ha retto.

Dice Ubaldo Libertino, mentre i suoi figli giocano nella sala della «Direzione del benessere» adornata con macchine per scrivere e personal computer del secolo scorso: «La mia scelta di votare Cinque Stelle è un voto contro, ma è anche un voto a favore di qualcosa. Noi dobbiamo ripartire da quello che abbiamo. E a Ivrea, come in mille altre parti d'Italia, abbiamo tanto».

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