Commenti

Ema, il trasferimento può gravare per 472 milioni sul bilancio Ue

  • Abbonati
  • Accedi
l’Agenzia europea del farmaco

Ema, il trasferimento può gravare per 472 milioni sul bilancio Ue

Provate a mettere 472 milioni alla voce «passività» di qualunque bilancio pluriennale e poi chiedetevi, retoricamente, se non rappresentino una zavorra di cui fare volentieri a meno. Milione più, milione meno, è questo il ragionamento che da alcune settimane coinvolge il Parlamento europeo, ancora alle prese con il trasferimento dell'Agenzia europea del farmaco (Ema) da Londra ad Amsterdam e con il suo oneroso contratto senza clausola di recesso.

Tradotto in soldoni – è proprio il caso di dire – il contratto di locazione che Ema ha firmato per 25 anni fino al 30 giugno 2039, corre il rischio di pesare sul bilancio della Ue – e dunque di tutti i contribuenti – se i negoziati sulla Brexit non terranno conto minuziosamente del trasferimento oltremanica dell'Agenzia.

I termini contrattuali
Il contratto di locazione dell'Ema, la cui sede a Canary Wharf è incastonata in uno dei quartieri più cari di Londra, è di 13.488.262 euro all'anno, ai quali si aggiungono i costi sostenuti per pulizia, assicurazione, sicurezza, gestione dell'immobile, forniture di acqua, gas ed elettricità, per un totale di 20.119.357 euro all'anno. Nessuna clausola di recesso ma solo la possibilità di sublocazione o di cedere a terzi la sede. Questa anomalia – che tale sarebbe ovunque in Europa ma non nel Regno Unito, abituato com'è a contratti di lungo periodo – è stata segnalata per la prima volta dal Parlamento europeo in seduta plenaria il 27 aprile 2017 e rimarcata il 19 settembre 2017 dalla Corte dei conti europea.

Analoga preoccupazione è stata paventata dal consiglio di amministrazione dell'Agenzia che, in una nota del 28 febbraio 2018, tra le altre cose scrive che «…se l'Agenzia non dovesse essere in grado di sublocare o cedere a terzi la proprietà, Ema fa presente che le conseguenze finanziarie derivanti dall'inevitabile conclusione del contratto dovranno essere coperte dal Governo del Regno Unito e/o dal bilancio della Ue».

L'occhio vigile (e preoccupato) dell'Europarlamento
Non è dunque un caso che il Parlamento europeo sia tornato ad interessarsi della questione. Il 26 marzo la Commissione per il controllo dei bilanci ha infatti approvato il discarico del bilancio Ema 2016 (vale a dire ha approvato la gestione delle risorse finanziarie comunitarie) mettendo però nero su bianco critiche destinate a lasciare il segno. Il Parlamento, infatti, «esorta la Commissione (europea, ndr) ad assumersi la responsabilità di tali passività assurdamente alte e a negoziare, insieme all'Agenzia, un accordo accettabile con il locatore; osserva che sono ancora da determinare, inoltre, le passività potenziali connesse a uno spostamento di sede, quali ad esempio le spese di trasloco del personale e delle loro famiglie, le azioni volte a mitigare una potenziale perdita di competenze interne e competenze esterne basate nel Regno Unito, nonché la conseguente messa a rischio della continuità operativa; invita l'Agenzia a riferire all'autorità di discarico in merito a una stima aggiornata delle spese di trasloco, comprensiva delle passività della sede attuale».

Riflessioni analoghe si leggono nel documento di lavoro sulla politica immobiliare di Ema ed Eba (l'altra Agenzia, quella bancaria, destinata a trasferirsi da Londra a Parigi), predisposto dall'eurodeputata tedesca del Ppe Monika Hohlmeier. Il documento «…invita la Commissione a informare il Parlamento europeo e il Consiglio in merito all'esito delle sue azioni nonché sui costi dettagliati successivi, compresi i costi relativi ai vecchi edifici, i costi del trasferimento stesso e qualsiasi altro costo connesso, entro il 1° marzo 2018».
Sono passati quasi due mesi ma non si ha alcuna notizia dell'informativa chiesta dall'Europarlamento alla Commissione e l'unica consolazione è che il nuovo contratto per la locazione dell'edificio destinato ad ospitare ad Amsterdam la sede dell'Agenzia preveda una clausola di recesso, con preavviso di sei mesi, in caso di forza maggiore o «in caso si decida si trasferire l'Ema altrove ».

La posizione del Regno Unito…
Le Autorità britanniche si sono mostrate sempre molto caute sul trasferimento di Ema ed Eba, tanto da sostenere in un primo tempo, per bocca del segretario di Stato alla Brexit, David Davis, che avrebbero potuto tranquillamente continuare ad avere la propria sede a Londra anche dopo il 2019. Invito respinto dall'Unione europea, che ha sempre sostenuto l'impossibilità di mantenere la sede di agenzie europee in uno Stato non più membro della Ue. Non sono mai apparse dichiarazioni o prese di posizione che diano per scontata una piena assunzione di responsabilità dell'effetto Brexit sul trasferimento delle sedi delle agenzie. Non è un caso che il 2 marzo, nel discorso “Road to Brexit” pronunciato alla Mansion House di Londra, il primo ministro britannico Theresa May abbia espresso ancora una volta l'auspicio che il Regno Unito possa restare, dopo la Brexit, membro dell'Agenzia europea per i medicinali, dell'Agenzia chimica e dell'Agenzia per la sicurezza aerea.

…e quella della Ue
La posizione della Ue sull'assunzione dei costi è chiara: «…in base al paragrafo 10 degli orientamenti del Consiglio europeo (…) il Regno Unito dovrebbe farsi carico di tutti i costi collegati specificamente al recesso, come il trasferimento di agenzie o di altri organi dell'Unione». A parte l'uso del condizionale, questa posizione di principio sembra mitigata dal “Rapporto congiunto dei negoziatori sui progressi compiuti durante la fase 1 dei negoziati di recesso”, reso pubblico l'8 dicembre 2017, che si limita ad affermare che «la Commissione accoglie con favore l'offerta del governo britannico di discutere con le agenzie dell'Unione con sede a Londra su come potrebbero facilitare il loro trasferimento, in particolare per quanto riguarda la riduzione dei costi di recesso».

La Corte dei Conti europea, nella riposta del 9 marzo 2018 alla richiesta del Comune di Milano di valutare se il trasferimento della sede di Ema ad Amsterdam non pregiudichi il principio della sana gestione finanziaria, andando ad incidere negativamente sul bilancio dell'UE, sottolinea che: «…i costi di trasferimento dell'Ema, compresi i costi relativi all'insediamento ad Amsterdam, non dovrebbero essere posti a carico del bilancio della Ue (…). Nell'eventualità che alcuni dei costi connessi al trasferimento dovessero essere prefinanziati dal bilancio dell'Ue, la Commissione presenterà le opportune proposte al Parlamento europeo e al Consiglio nell'ambito della procedura di bilancio annuale per il 2019 ed eventualmente per il 2018». Il Governo italiano ha peraltro più volte sollevato la questione in sede di Consiglio Ue dove, in assenza di un impegno formale da parte del Regno Unito di farsi carico dei costi relativi al trasferimento dell'Agenzia, si sarebbe ottenuta solo una promessa del Governo britannico di trovare una soluzione che permetta quantomeno di ridurre i costi legati al trasferimento.

Il calcolo dei costi voce per voce
Oltre ai 408 milioni per il periodo tra il 2017 e il 2039, Ema ha ipotizzato una serie di costi aggiuntivi che potrebbero incidere fortemente sul valore totale del trasferimento dell'agenzia. Secondo quanto emerso nel corso di un'audizione a porte chiuse di Ema presso il Parlamento europeo a luglio 2017 e riportato dal giornale EUobserver, potrebbero rilevarsi necessari 28 milioni per pagare il personale addetto al trasloco degli uffici, 23 milioni per le spese di ricollocazione del personale (viaggio e trasferimento, corsi di lingua) e 11 milioni per i costi relativi al ricollocamento dei servizi di information technology dell'Agenzia. Inoltre, nel periodo transitorio precedente al trasferimento, sarà necessario effettuare diverse missioni operative presso la nuova sede dell'agenzia, che prevede di delocalizzare alcuni membri del personale per due giorni ogni due settimane dal 2018 fino al 2019, per i quali le spese ammonterebbero a oltre due milioni. Ed ecco che si raggiungono, complessivamente, 472 milioni.

Le altre questioni sul tappeto
Mentre la questione economica continua a tenere banco, va ricordato che davanti alla Corte di giustizia continuano a pendere le due istanze di intervento presentate, sempre nel procedimento d'urgenza, dalla Regione Lombardia e da Federazione italiana industria chimica, Associazione italiana commercio chimico, Associazione cluster tecnologico nazionale scienze della vita-Alisei, Assobiomedica, Associazione italiana ospedalità privata Lombardia, Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, Unione Confcommercio -Imprese per l'Italia Milano, Lodi, Monza e Brianza.

Non mancano inoltre i contatti diretti a sollecitare l'intervento del Governo a supporto del Comune di Milano nel provvedimento d'urgenza, per sostenere l'ammissibilità del ricorso e uno o più dei motivi dedotti dal Comune. A breve lo stesso Comune di Milano depositerà osservazioni integrative nel procedimento di urgenza, concernenti i nuovi elementi di fatto (con il corrispondente ampliamento dei motivi di ricorso). Contestualmente il Comune chiederà di essere sentito dalla Corte di giustizia nell'ambito del procedimento d'urgenza.
Anche nel procedimento principale il Comune di Milano ha depositato osservazioni in merito alle istanze di intervento pervenute alla Corte. Il Comune si è espresso a favore dell'ammissione delle due istanze d'intervento presentate dalle parti sopra citate mentre non ha presentato specifiche osservazioni sull'istanza dei Paesi Bassi.

In merito alla domanda di accesso ai documenti, la Commissione europea ha trasmesso una risposta interlocutoria e in qualche modo dilatoria alla domanda di conferma del Comune di Milano diretta ad ottenere ulteriori documenti. In particolare, la Commissione ha ritenuto che gli ulteriori documenti richiesti non figurassero nella domanda iniziale di accesso e pertanto ha considerato la domanda di riesame come una nuova domanda iniziale di accesso a documenti, ai quali la Commissione europea risponderà, salvo ulteriori proroghe, entro il 2 maggio 2018.

Proseguono i contatti avviati dai rappresentanti del Comune di Milano con la Dg Grow della Commissione europea (la Direzione Generale della Commissione europea per il mercato interno, l'industria, l'imprenditoria e le Pmi) a proposito della procedura di dialogo competitivo svolta dalle autorità olandesi per l'affidamento del contratto per la costruzione del Vivaldi Building.
Per quanto riguarda la petizione presentata dal Comune al Parlamento europeo, la ricevibilità non è stata messa in discussione entro il termine previsto (6 aprile). La prima riunione utile della Commissione petizioni è fissata per fine aprile ma la discussione potrebbe essere calendarizzata più verosimilmente per il 15 maggio. Per quanto riguarda la procedura legislativa in corso per la modifica del regolamento 726/2004 ed in particolare lo stato del “trilogo”, sembra infine confermata la volontà del Consiglio di tenere distinti nel negoziato gli aspetti riguardanti la sede di Ema dalla richiesta del Parlamento europeo di modificare per il futuro i criteri di scelta delle sedi delle nuove agenzie.

r.galullo@ilsole24ore.com
a.mincuzzi@ilsole24ore.com

© Riproduzione riservata