Di fronte a tragedie immani come il crollo del ponte Morandi di Genova, è normale che il sentimento popolare sia dolore, rabbia, ira persino. Un Governo non può ignorarlo, ma nemmeno dovrebbe nutrirlo di giustizia sommaria e azioni eclatanti. Dall’Esecutivo ci attenderemmo sangue freddo, consapevolezza delle responsabilità assunte, lucidità per impedire che tragedie simile possano ripetersi. Il Governo italiano ha invece avviato la procedura per la revoca della concessione a Autostrade per l’Italia.
In un «Paese normale» i ponti non crollano. Ma in un «Paese normale» lo Stato, di cui far rispettare i contratti fra privati
è una funzione non secondaria, non annuncia che romperà, unilateralmente, il contratto che lo lega a un concessionario privato.
Soprattutto non lo fa mentre ancora non sono chiare le dinamiche dell’incidente.
Innanzi a un evento così straordinario - un ponte è caduto, senza che vi fosse alcuna causa straordinaria apparente - il primo
compito del Governo dovrebbe quindi essere di accertare dinamiche e cause del crollo. L’obiettivo, prima ancora che individuare
le responsabilità, è scongiurare che altri casi simili possano verificarsi. La sicurezza dei cittadini non passa però per
mosse spettacolari: richiede decisioni informate. È appena stata istituita una commissione ispettiva con l’incarico di fornire
le proprie risposte entro un mese. Contemporaneamente, ad Autostrade sono stati dati quindici giorni per presentare le proprie
controdeduzioni.
L’obiettivo della commissione dovrebbe essere quello di accertare i fatti, prima di qualsiasi altra cosa, senza doversi attenere a un copione già scritto. In un Paese che vive di sospetti, come il nostro, sarebbe bene che la commissione venisse immediatamente integrata con esperti di assoluta indipendenza da tutte le parti coinvolte, avendo a mente che fra le parti vi è certamente il concessionario, ma anche l’amministrazione concedente e l’autorità amministrativa chiamata a vigilare sullo svolgimento della concessione. Verrebbe da dire: chiamiamo i migliori ingegneri australiani su piazza, cerchiamo qualcuno che né oggi né domani possa essere accusato di connivenze o ambiguità.
La questione delle concessioni autostradali è oggetto di una sorta di dibattito carsico; ogni tanto riemerge, di volta in volta con riferimento alla opacità dei termini delle concessioni, alle modalità di proroghe inopinate, alla effettiva capacità del concedente di controllare l’adempimento preciso degli impegni assunti da parte del concessionario.
«Il Sole 24 Ore» ha proposto di de-secretare le concessioni, il cui testo è stato messo on line dall’allora ministro Delrio, incluse le condizioni economiche. Ciò significa adeguare il comparto autostradale a standard di trasparenza ormai diffusi nella pubblica amministrazione. La trasparenza, di per sé, non è una panacea. Non basta avere le informazioni: bisogna saperle leggere. Toccherà all’opinione pubblica dimostrare di saper fare uso di quei dati e costruire un dibattito franco, leale, assennato, con l’obiettivo di produrre le conclusioni necessarie a evitare, per quanto possibile, che fatti del genere possano ripetersi.
A questo fine aiuterebbe costituire una commissione di esperti di alto livello che, anche alla luce delle migliori pratiche internazionali, esamini le concessioni e valuti sul piano giuridico e sul piano pratico la possibilità e la capacità della struttura pubblica chiamata a vigilare sullo svolgimento del servizio di adempiere con rigore ed efficacia al proprio compito. Che suggerisca eventuali modifiche agli atti di concessione, alla relativa disciplina, e persino alla struttura organizzativa dell’amministrazione interessata.
Commentando la notizia che il concessionario «sarebbe disponibile a ricostruire il ponte a sue spese», il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha affermato che non può essere «contropartita della rinuncia a far valere la voce di tutte le vittime di questa immane tragedia». Giustissimo, ma in che modo fare valere la voce delle vittime implica revocare, ora, la concessione? In che senso rappresenta un risarcimento? Quale effetto ha sul resto della rete? Gli italiani dovrebbero davvero sentirsi più tranquilli ad attraversare i ponti se la loro manutenzione fosse affidata a quelle strutture pubbliche che non riescono a manutenere ben più semplici viadotti, come dimostrano cronache anche recenti?
Lo Stato gestore, in passato, non ha dato prova granché migliore dello Stato regolatore. Parlando di Autostrade, il ministro degli Interni Matteo Salvini ha detto «che a controllare i lavori fossero i controllati, è una beffa». A chi parla di nazionalizzazione, giova ricordare che quella è precisamente la condizione in cui si trova qualsiasi monopolio pubblico.
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