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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2012 alle ore 19:41.

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Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano agli Stati generali della cultura organizzati dal Sole 24 Ore (Ansa)Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano agli Stati generali della cultura organizzati dal Sole 24 Ore (Ansa)

Basta tagli lineari, «la politica deve scegliere». E «devono essere detti più sì per cultura, ricerca e tutela del patrimonio». Arriva dalle parole di Giorgio Napolitano, la speranza di riscossa per la cultura italiana, sempre più a corto di attenzione e risorse. Il capo dello Stato parla, applauditissimo, agli Stati generali della cultura organizzati dal Sole 24 Ore. Ma l'atmosfera è tesa.
Prima del suo intervento, dalla platea gremita di operatori del settore, rappresentanti del Governo (ci sono le ministre Annamaria Cancellieri e Paola Severino) studenti e artisti del Teatro Valle occupato, non sono mancate contestazioni vigorose ai ministri Lorenzo Ornaghi, Francesco Profumo e Fabrizio Barca. Tutti interrotti nei loro discorsi da richieste di concretezza, ansie di futuro, richiami agli scontri di piazza di ieri.

Il capo dello Stato: scelta di fondo necessaria
Napolitano non si fa intimidire, parla a braccio su appunti presi dopo aver ascoltato tutti, e va diretto al punto: in Italia, dice, «esiste da decenni, una sottovalutazione clamorosa della cultura, della formazione, della ricerca da parte delle istituzioni rappresentative della politica, del governo, dei governi locali, ma anche della società civile». Una «scelta di fondo», sottolinea, «che resta da fare».
In sala le contestazioni si spengono, per il presidente della Repubblica solo applausi, ripetuti, continui.
Lui ricorda la necessità per il Paese di «fare i conti con un indebitamento pubblico tremendo», «non possiamo giocare con il rischio di fallimento», ammonisce.
Poi però invita a salvaguardare dai tagli i settori già troppo provati della cultura. «Contenimento e riduzione della spesa pubblica - dice - non vuol dire che non ci possa essere una selezione. Scegliere è una responsabilità della politica: dire dei no e dire dei sì. E servono più sì».
In Italia «abbiamo bisogno di innovare, nel senso della sburocratizzazione e anche del miglior uso delle scarse risorse disponibili», aggiunge Napolitano, sottolineando che per cultura, scuola, ricerca, «esiste una questione di soldi, ma anche di capacità progettuale, organizzativa, gestionale». Alla fine anche una battuta: «Nel passato ho fatto il comiziante e sono abituato a confrontarmi con i battibecchi in piazza anche se adesso faccio un altro mestiere».

Amato: bloccare il turn over è controproducente
Ad aprire la giornata di dibattito, che prende le mosse dal Manifesto per la cultura promosso dal Sole 24 Ore (oltre 4mila adesioni) era stato il presidente della Treccani Giuliano Amato, anche lui critico nei confronti dei tagli al settore («colpire gli sprechi è sacrosanto ma bloccare il turn over con lo spettro di disperdere competenze scientifiche è controproducente») con il richiamo all'articolo 9 della Costituzione (che Napolitano ha poi voluto leggere).

Contestazioni dalla platea
Tranchant, dopo di lui, l'archeologo Andrea Carandini («Il Mibac è un morente ibernato, o arrivano risorse o tanto varrebbe abolirlo») Ornaghi, dice «deve combattere».
Seduto accanto a lui il ministro abbozza, poi ammette che le risorse per il Mibac «torneranno a scendere, anche se leggermente, nel prossimo anno», sottolinea che dei fondi serve un buon uso.
«Lei parla come un economista - gli urla un giovane dalla platea - perché non parla di cultura? Noi siamo allarmati, non ne possiamo più di sentire parole!». Ornaghi conclude, dopo di lui tenta di inserirsi la presidente del Fai Ilaria Buitoni, quindi è la volta di Profumo, anche lui a più riprese interrotto.

Barca, «questa platea sembra il Sulcis!»
Alla fine per difendere l'operato del Governo - citando il progetto per il rilancio di Pompei -interviene il ministro della coesione Barca, «questa platea sembra il Sulcis!». Non è una critica. A dispetto della tensione, che sembra richiamare gli scontri di piazza di ieri, dal palco le contestazioni vengono accolte come "'vivacità". «È un segno di ritorno di domanda», commenta poi Barca, il confronto «quando è informato è il sale della democrazia. Un aiuto per noi. E per il prossimo Governo».

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