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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2014 alle ore 08:16.

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Ci si saluta ancora, tra sconosciuti, solo per gli impervi sentieri di montagna. Lì sì, chissà perché. Forse ci si sente maggiormente spersi nell'universo, in quell'aria rarefatta di montagna, con tutta la fatica di andare in salita, e tutta quella bellezza di cime innevate, rocce scoscese... Può essere che la bellezza aiuti, che porti a una maggiore nobiltà del sentire, a una vicinanza cosmica, non so. Se così fosse, dovrebbe funzionare anche al mare: perché invece non ci si saluta quando si passeggia per una meravigliosa spiaggia deserta? Forse il terreno pianeggiante, chiedendoci una minor fatica, ci induce meno al saluto? Dunque il saluto sarebbe un premio che ci si concede solo tra eroi del faticare? O è il colore del mare, troppo acceso e troppo allegro, che ci frena, che non ci regala quella malinconia rocciosa che solo i monti ci sanno dare? Misteri paesaggistici.
Comunque, mi dispiace che i giovani non salutino.
E mi dispiace ancor di più farla, una considerazione simile: mi sento così vecchia, a dir così, una di quelle persone anziane borbottone e stucchevoli, che si lamentano da secoli del malcostume giovanile. Che orrore! Dirò solo (ma non mi assolve) che ero così anche da giovane: ho sempre patito per le disarmonie, credo che sia questo il guaio.
I giovani, comunque, oggi non salutano non certo perché sono timidi. Anzi, è paradossale che oggi i giovani siano così meravigliosamente estroversi... e così poco salutanti!
Non salutano perché non gliel'abbiamo più insegnato, molto semplice. A un certo punto credo che noi adulti abbiamo smesso di pensare che fosse una cosa buona. O forse abbiamo smesso di credere all'importanza di una buona educazione. O ci abbiamo creduto, ma non abbiamo avuto voglia di impartirla noi, forse ritenendo che spettasse ad altri, a qualche figura di cui non sapevamo il nome ma che certo doveva ben esistere, in questo mondo così perfetto.
O forse l'educazione ci è sembrata, a un tratto, lesiva della libertà, nemica di una vagheggiata naturalezza e spontaneità del vivere, chissà.
Peccato però, perché salutarsi tra sconosciuti è un gesto davvero molto speciale. Non è un atto dovuto, quindi non è per niente formale. È un regalo che ci si fa, del tutto gratuito. Ed è forse uno dei pochi modi (laici) che ci sono rimasti per riconoscerci fratelli su questa terra. Vi ricordate la poesia Fratelli di Ungaretti? «Si sta / come d'autunno / sugli alberi / le foglie». Ma lì c'era la guerra, quello era un riconoscersi nel dolore, nella precarietà estrema dell'esistenza. Salutarsi in ascensore sarebbe invece un'affermazione leggera e gioiosa di fratellanza. Un po' come dire: ma guarda che bel caso, due esseri umani che hanno la fortuna di sfiorarsi, di stare più vicini del normale per un attimo, l'attimo di fare insieme cinque o sei piani...

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