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Festival di Locarno: l'ironia di Iosseliani, le inquietudini di Akiz

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Festival di Locarno: l'ironia di Iosseliani, le inquietudini di Akiz

Ottantuno anni e non sentirli: al Festival di Locarno è arrivato il turno di Otar Iosseliani, autore georgiano che, nonostante la non più giovane età, continua a puntare su un cinema libero e distante da qualsiasi convenzione narrativa. «Chant d'hiver», presentato in concorso, è infatti una pellicola molto diversa da tutte le altre proposte in questa prima parte della kermesse svizzera. La trama (in cui, inizialmente, si alternano spazi e tempi diversi) è un semplice pretesto giocoso dove, da un'epoca all'altra, tornano gli stessi attori: si passa dal Regno del Terrore in Francia fino alla Parigi contemporanea, passando per una suggestiva parentesi nel centro di una guerra come tante.

Più che le svolte narrative, a Iosseliani interessano i personaggi e, in particolare, quelli più bizzarri, emarginati e… diversi (esattamente come il suo cinema). Grazie a un tocco leggero e divertito, il regista sviluppa una pellicola godibile ma non superficiale, indubbiamente imperfetta (eccessiva la durata) ma dotata di un'ironia che si trasforma spesso in malinconia esistenziale. Ci si può anche emozionare, nonostante la carne al fuoco sia troppa e non manchino i momenti di stanca. Ottimo lavoro di tutto il cast, in cui svetta l'eclettico Rufus.

Nella sezione Cineasti del Presente, invece, è stato inserito «Der Nachtmahr», film tedesco firmato Achim Bornhak (in arte Akiz). Protagonista è una diciassettenne che sembra avere tutto per essere felice: è giovane, bella e piena di amici. Ma, ogni notte, viene tormentata da un'orrenda e misteriosa creatura con cui, col passare del tempo, cercherà di entrare in contatto. Troppo indeciso se seguire la strada del racconto di formazione o quella dell'horror, «Der Nachtmahr» risulta a lungo andare ingenuo e incapace di mantenere le suggestioni iniziali. L'apparato visivo non è male, ma è la sceneggiatura a crollare alla distanza, vittima di troppi buchi narrativi e di soluzioni a dir poco grossolane. Peccato perché c'era la possibilità di fare meglio: un'occasione sprecata.

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