Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2012 alle ore 07:01.

My24

Il settore italiano del turismo è in crisi? Problemi gravi indubbiamente esistono (lo ha sottolineato di recente il ministro del turismo e dello sport, Piero Gnudi). Vi sono problemi di tipo congiunturale, come i cali nelle presenze turistiche registrati nel 2011 (-1,5%). Ma vi sono soprattutto carenze e vincoli di fondo come il grave deficit infrastrutturale, la dimensione ridotta della grande maggioranza delle imprese turistiche, l'inadeguato livello di formazione degli addetti, l'accentuata stagionalità, la mancanza di player di livello internazionale e i limiti di Alitalia, collegata a un numero relativamente ridotto di destinazioni intercontinentali. A ciò si aggiunge il sovrapporsi spesso disordinato delle azioni dei vari assessorati regionali, mentre si sta tentando di rendere più manageriale l'azione di promozione dell'Enit.

Ma, detto questo, il turismo in Italia è davvero un settore in declino, come spesso si sente ripetere da parte di coloro che citano come prova l'aggressiva concorrenza di Spagna, Francia e Grecia, nonché il sorpasso della Cina ai nostri danni avvenuto nell'ultimo decennio negli arrivi turistici internazionali? In realtà, così come è successo nel caso dell'industria manifatturiera (data anch'essa per spacciata innumerevoli volte eppure sempre capace di risollevarsi, rinnovarsi e di stupire, come mostra il boom dell'export nel 2010-2011), anche il settore turistico ha evidenziato negli ultimi anni un certo recupero di competitività. Molti allarmi sul declino della nostra industria dell'accoglienza sono derivati anche da un uso improprio degli indicatori, tra i quali quello più citato è proprio il numero degli arrivi internazionali. Dimenticando che questo dato è influenzato in modo abnorme dalla presenza in alcuni Paesi di grandi hub aeroportuali che calamitano gli arrivi esteri, anche se questi poi si dirottano altrove, con permanenze anche di lunga durata in altri Paesi. Ben più significativo come indicatore di competitività è quindi il numero di pernottamenti di turisti stranieri, che svela alcune sorprese. La prima: tra il 2000 e il 2011 il numero di notti di non residenti in tutte le tipologie di esercizi ricettivi (alberghi, ostelli, camping, altro) è cresciuto in Italia del 21,7% contro un aumento del 2,8% in Spagna e un calo dell'8,2% in Francia.

Nel 2010 per numero di pernottamenti di turisti russi e cinesi, i "nuovi ricchi" del mondo, l'Italia è in assoluto il primo Paese in Europa e rimane la meta tuttora privilegiata di americani e giapponesi. C'è stato un tempo in cui, secondo i dati dell'Organizzazione mondiale del turismo rielaborati dal Centro studi Confindustria, l'Italia era il primo Paese del mondo per arrivi turistici internazionali. Era il 1970: l'Italia precedeva Canada, Francia, Spagna e Stati Uniti. Nel 1950 il nostro Paese era solo terzo dopo Stati Uniti e Canada, nel 1970 eravamo balzati al top degli arrivi internazionali per una somma di fattori positivi. In primo luogo perché l'Italia del boom economico, della "dolce vita" e di Cinecittà si era perentoriamente proposta durante gli anni '50 e '60 come meta turistica anche per turisti di Paesi lontani come gli americani e i giapponesi. In secondo luogo perché la nostra penisola, con lo sviluppo su vasta scala del turismo estivo era diventata la "spiaggia", oltre che di milioni di italiani, anche di milioni di europei: un'alternativa alla elitaria Costa Azzurra, mentre la Spagna e la Croazia non si erano ancora sviluppate. In terzo luogo perché il mondo del 1970 era ancora molto piccolo, non globalizzato: il "muro di Berlino" non permetteva ai russi e agli europei dell'Est di viaggiare, mentre i cinesi erano un popolo lontano, poverissimo e "chiuso".

Il turismo dei grandi numeri era a quell'epoca un fatto relativamente circoscritto al Nord America e all'Europa occidentale, con l'aggiunta del Giappone. E i grandi scali aeroportuali europei, come Parigi, Londra e Francoforte, ancora non erano diventati i potenti intercettatori di arrivi intercontinentali.
Ma il 1970 è "antichità". Già nel 1980 l'Italia era scesa al quarto posto nella graduatoria degli arrivi internazionali, superata da Francia, Spagna e Stati Uniti. Se di declino bisogna parlare, quello dell'Italia avvenne a quell'epoca. Dal 1980 al 2005, poi, l'Italia ha sempre mantenuto il quarto posto nella graduatoria degli arrivi, superata solo nel 2006 dalla Cina. Il che è piuttosto comprensibile, considerando l'ascesa di questo grande Paese asiatico non solo come meta di vacanze ma soprattutto di turismo d'affari. Di ciò, peraltro, ha fatto le spese pure la Spagna: nel 2010 è stata anch'essa superata dalla Cina negli arrivi internazionali.

Dal 1980 al 2010, il numero di arrivi di turisti stranieri in Italia è praticamente raddoppiato, passando da 22,1 a 43,6 milioni (+97%). Indubbiamente, la Spagna ha fatto meglio di noi, salendo da 23,4 a 52,7 milioni (+125%), con investimenti importanti, un'eccellente infrastrutturazione, una politica imprenditoriale e di promozione più efficace. E, con la globalizzazione del turismo e la crescita dei viaggi intercontinentali, anche altri Paesi europei come Francia, Regno Unito e Germania, hanno visto crescere in misura superiore all'Italia il numero di arrivi internazionali. Ma il nostro Paese, dopo aver accusato il colpo, negli ultimi 10-12 anni, si è ben difeso sul piano della competitività dell'offerta. Ed è il numero dei pernottamenti di turisti stranieri a dimostrarlo.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.