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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2012 alle ore 07:00.

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Il rilancio dell'industria turistica? Passa indubbiamente dall'incremento degli arrivi di turisti dall'estero. Il 2011 è stato a due velocità. Gli stranieri hanno fatto rilevare un incremento, mentre la domanda interna è andata a picco. Secondo l'Eurostat, nel 2011 i pernottamenti nelle strutture ricettive italiane sono cresciuti del 3,4% per quanto riguarda gli stranieri mentre gli italiani hanno fatto registrare una flessione del 5,1 per cento. In media c'è stato dunque un calo dell'1,5% a fronte di un aumento medio nella Ue del 2,7 per cento. L'Italia peraltro è l'unico paese che fa rilevare un calo.

Una scossa è opportuna, visto che le previsioni dell'Onu sui flussi turistici globali restano positive, dopo un 2011 che ha registrato un incremento medio del 4 per cento. Nel 2012 il turismo mondiale dovrebbe crescere con un ritmo simile. Fa bene il ministro per il turismo e lo sport Piero Gnudi ha ricordare (anche a pagina 3 di questo Rapporto)che il paese ha grandi potenzialità inespresse e che, se l'industria turistica fosse gestita al meglio, potrebbe arrivare a rappresentare almeno il 18-20% del Pil mentre oggi a malapena si aggira attorno al 10% (a quota 137 miliardi nel 2011, secondo PwC). Una sfida importante e da giocare in tempi rapidi, visto che Milano nel 2015 ospiterà l'Expo.

Cosa fare, allora? Innanzitutto sviluppare un vero coordinamento tra le strategie delle Regioni, titolari delle politiche per il turismo, e i progetti del Governo nazionale. Il Governo Monti riconosce che serve una «grande collaborazione» per rilanciare l'offerta-paese e intercettare i flussi turistici in crescita in campo internazionale, trainati dall'Estremo Oriente. Un dato risalta subito. Il bacino cinese è sì il mercato del futuro, ma già oggi il nostro Paese risulta debole. Dei 54 milioni che arrivano in Europa e spendono 40 miliardi di euro all'anno, solo una minima parte è arrivata in Italia. Si stima che nel 2015 i turisti cinesi possano balzare a quota 130 milioni, con una capacità di spesa complessiva di 110 miliardi. In Italia arrivano circa 43 milioni di visitatori da tutto il mondo e l'introito valutario è di 30 miliardi. Basterebbe attirare una quota apprezzabile dei flussi dalla Cina per migliorare notevolmente la nostra quota di mercato e mettere il turbo all'industria turistica e all'intera Azienda Italia.

Invece, finora il turismo nel mondo è cresciuto, ma la quota italiana è calata: in dieci anni siamo scesi dal 6,8% al 4,5% a fronte del 6% della Spagna. La ormai prossima Bit (Borsa internazionale del turismo) di Milano (16-19 febbraio) costituirà dunque un importante momento di confronto su questi temi.
Ma gli operatori non possono farcela a correre di più, in assenza di una vera politica nazionale. Un tassello può essere il rilancio dell'Enit (l'Agenzia nazionale del turismo), avviato con l'indicazione del Governo di Pier Luigi Celli alla presidenza. Serviranno però risorse adeguate, anche per migliorare le infrastrutture dei trasporti del paese.

Su questo scenario si è abbattuto il recente naufragio della Costa Concordia all'isola del Giglio, con il suo tragico bilancio di vittime ma anche con un grave danno di immagine all'Italia. Il settore crociere ne sta ricevendo un grave contraccolpo (peccato: finora ha avuto un ruolo trainante per l'arrivo dei visitatori esteri). Gli operatori lamentano poi i rischi della tassa di soggiorno, che sta avendo ricadute pesanti sui prezzi. Irrisolto, infine, il nodo della fiscalità svantaggiosa, considerando che l'Iva resta in Italia molto più alta che in paesi come Francia e Spagna. È per questi motivi che una terapia d'urto appare davvero urgente. In assenza, un recupero di competitività si farà sempre più difficile.

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