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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2012 alle ore 07:01.

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L'hotel Aleph a RomaL'hotel Aleph a Roma

Sono le banche le vere padrone del turismo italiano: dal settore alberghiero fino ai tour operator, le vicende di questi anni hanno mostrato un settore in affanno spesso salvato (ma non sempre) soltanto dall'intervento provvidenziale degli istituti di credito. La vicenda più emblematica, per alcuni versi, è quella che ruota attorno alla fusione tra gli Atahotels del gruppo FonSai della famiglia Ligresti e alla Una Hotels della famiglia toscana Fusi. Il matrimonio, che è stato a lungo sponsorizzato da alcune banche, non si è finora mai fatto ma c'è chi ritiene che alla fine sarà la soluzione prescelta. L'esito sembra infatti scontato.

Il grande problema delle due catene alberghiere resta il debito: le due società sono in perdita e Una Hotels è ampiamente esposto con le banche, tra cui Unicredit. Su Una Hotels, dal canto suo, grava un'esposizione consolidata verso il sistema bancario per circa un miliardo verso un pool di istituti: UniCredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Bpm, Bnl, Ugf e il Credito Cooperativo Fiorentino. Entrambe le società sono poi nate per iniziativa di due imprenditori che hanno avuto negli ultimi anni numerosi problemi finanziari. Da una parte Salvatore Ligresti, con i figli Giulia, Jonella e Paolo, che proprio in questi giorni sta faticosamente negoziando con le banche la sua uscita da Fonsai, un difficile salvataggio che porterà all'aggregazione con Unipol e alla creazione del secondo gruppo assicurativo italiano. Dall'altra l'imprenditore Riccardo Fusi, 50 enne pratese, stranoto in Toscana nel campo delle costruzioni: la sua famiglia è proprietaria dell'impresa Baldassini Tognozzi Pontello e di un ingente patrimonio immobiliare come il palazzo Telecom Italia e la sede Fendi a Roma. Ma Fusi è stato indagato lo scorso anno nell'inchiesta fiorentina sui grandi appalti e accusato di corruzione e di associazione per delinquere aggravata dalla finalità mafiosa.

Settore alberghiero in affanno
Atahotels e Una Hotels restano i due casi più evidenti. Ma, al di là di casi così specifici, è tutto il settore alberghiero italiano che sta vivendo un momento difficile: colpa di gestioni spesso poco illuminate e scarsamente oculate e dell'incapacità di creare società con masse critiche adeguate. Basta pensare che le strutture sono in sè di alto livello: per fare un esempio il Petriolo Spa Resort di Atahotels è stato eletto miglior hotel con Spa d'Europa nel 2010.

In parole povere, i gruppi alberghieri italiani – malgrado la capacità di attrarre clientela soprattutto nelle città d'arte – soffrono ancora di «nanismo» e non sono capaci di essere all'altezza delle grandi catene alberghiere internazionali. Tanto che ci sono altre vicende che stanno segnando le cronache finanziarie di questi mesi. La prima è quella degli hotel Boscolo, appartenenti all'omonima famiglia padovana. Dopo aver archiviato una fusione a tre con Atahotels e Una Hotels, ora potrebbero essere cedute alcune delle strutture alberghiere del gruppo, tra le quali l'hotel Aleph di Roma. E anche qui il nodo è finanziario: i Boscolo devono infatti rientrare su parte del debito (per 350 milioni) accumulato nel corso degli anni nei confronti delle principali banche italiane: Unicredit, Mps, Bnp-Bnl e Veneto Banca. La lista delle situazioni critiche comprende, infine, il gruppo Acqua Marcia di Francesco Caltagirone Bellavista. In crisi di liquidità, l'imprenditore, per far fronte ai debiti con le banche, dovrà vendere le sue proprietà alberghiere in giro per l'Italia come il Molino Stucky a Venezia.

Il turismo dopo Parmatour e Ventaglio
Anche i grandi tour operator italiani hanno vissuto e stanno vivendo una fase di difficoltà. Il fallimento di Parmatour, la società appartenente alla famiglia Tanzi prima del default di Parmalat, e quello del gruppo Ventaglio restano i due esempi più classici di cattiva gestione. Senza dimenticare Cit, la Compagnia Italiana Turismo nata come azienda statale con l'obiettivo di promuovere il turismo e finita nel 2006 in amministrazione straordinaria. E, sotto i riflettori proprio in questi mesi, c'è anche Valtur, finita pure in amministrazione straordinaria. Le conseguenze dei fallimenti e delle crisi non sono state positive per il settore, che oggi può contare su aziende di piccole dimensioni: basta pensare che l'unico tour operator quotato, cioè I Grandi Viaggi, capitalizza soltanto 32 milioni di euro. Ultimamente, poi, l'Exor della famiglia Agnelli ha ceduto per 220 milioni il proprio tour operator Alpitour, il maggiore con bandiera italiana, a un gruppo di fondi di private equity. L'holding torinese non riteneva infatti più strategico il settore del turismo. Così oggi alberghi, resort e villaggi italiani potrebbero diventare facilmente preda di gruppi internazionali. In passato, l'italiana Jolly Hotel era stata comprata dalla spagnola Nh Hotels. Ed è prevedibile che lo stesso filone si possa ripetere in altre situazioni.

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