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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2012 alle ore 07:01.

Si fa strada un modello toscano di sviluppo, frutto dell'esperienza consolidata di collaborazione pubblico-privato e ispirato ai valori dell'equità e della coesione sociale, il cui obiettivo ambizioso è quello di fronteggiare la crisi rilanciando l'industria e l'occupazione.

La scelta di puntare sul project financing per adeguare la rete d'infrastrutture (almeno 5 miliardi solo nei collegamenti stradali) ne è la conferma. Ma il vero strumento operativo di questo disegno è Fiditoscana, la finanziaria a capitale misto (40% Regione, 50% istituti di credito, 10% Enti locali e Unioncamere), 150 milioni di capitale sociale, 350 milioni di garanzie concesse nel 2011 (che hanno attivato 700 milioni di finanziamenti), e una quarantina di partecipazioni in aziende e startup. «Siamo impegnati a sostenere la parte sana dell'economia manifatturiera toscana, favorendo l'arrivo d'investimenti», dice il direttore generale Giovanni Ricciardi.

Toscana è un marchio conosciuto e apprezzato nel mondo, ma più per i contenuti storico-artistici e la qualità del vivere che non per la forza dell'economia o le opportunità di business. Il territorio, infatti, pur ricco di realtà importanti, da questo punto di vista è poco attrattivo (vedere servizio a pagina 6). Per una Power One, la multinazionale americana che ha basato in provincia d'Arezzo la filiale europea per la produzione di inverter eolici e fotovoltaici (600 milioni di fatturato e 1.200 dipendenti), annunciando nei mesi scorsi l'assunzione di 200 nuovi ricercatori e un piano d'investimenti in ricerca da 18 milioni all'anno; o per una Novartis, colosso svizzero dei medicinali, che ha la sede mondiale della ricerca nel campo dei vaccini a Siena, dove ha già investito più di 300 milioni; sono ancora troppe le opportunità che sfumano per la scarsa competitività del sistema regionale.

Fidi Toscana, che dal 2007 ha rinunciato al rating internazionale (rilasciato da Fitch), ritenendolo inutile e costoso, sta facendo partire in queste settimane due nuove iniziative mirate al rilancio del manifatturiero.

È stata costituita Fidi Industria, una Srl in attesa dell'omologa del Tribunale, dove la Regione Toscana entrerà al 60%, autorizzata a operare nelle zone di crisi, dunque solo nelle province di Massa e di Prato. Il primo impegno riguarderà l'acquisto dell'ex impianto Eaton, a Massa (c'è una trattativa aperta con la multinazionale americana), e l'individuazione di un nuovo investitore. Il secondo progetto riguarda la costituzione di un fondo chiuso, chiamato Fondo rilancio e sviluppo d'impresa, dove accanto a Fidi Toscana entreranno le banche (Mps, Intesa Sanpaolo, Popolare di Vicenza, BancaEtruria, Banca di Cambiano e Cassa di S. Miniato).

Il nuovo soggetto avrà una dote iniziale di 25-30 milioni, a cui si aggiungeranno altri 15 milioni del fondo nazionale per le Pmi di Cassa depositi e prestiti. «Con questo strumento punteremo a rilanciare le aziende in fase di turnaround, con progetti industriali validi, attraendo nuovi investimenti», spiega Ricciardi.

La questione del credito è centrale. Basti dire che su 45 crisi aziendali (le principali) fotografate dalla Cgil Toscana, con quasi 17mila posti a rischio (che si aggiungono ai 100mila disoccupati della regione, circa 6% della forza lavoro), soltanto tre sono imputabili a motivazioni industriali: caduta della domanda o delocalizzazione. Tutti gli altri hanno un'origine finanziaria.

«È un quadro inedito – commenta Alessio Gramolati, segretario generale della Cgil toscana – ormai l'andamento delle aziende dipende in larga parte da fattori esterni, come le disponibilità di risorse finanziarie e le scelte politiche dei governi nazionali e locali: è l'intera filiera istituzionale che deve favorire i processi d'innovazione».

La Toscana ci prova. Scendono le risorse disponibili (3 miliardi il tagli alla spesa pubblica regionale nel 2014, su un budget di circa 100 miliardi) e arrivano meno soldi anche dal settore non profit. Le Fondazioni di origine bancaria stringono la cinghia e la più ricca, quella di Siena, sta affrontando un difficile riposizionamento nell'azionariato di Banca Mps (dove scenderà dal 49 al 33,5%), con la prospettiva di distribuire al territorio non più di 20-30 milioni all'anno in futuro (100 la media attuale). Cambia il mix degli strumenti e il ruolo della Regione è sempre più importante.

«In questo inizio d'anno abbiamo messo a disposizione del sistema delle imprese interventi per oltre 110 milioni, a sostegno dei processi d'innovazione, rafforzamento e presenza sui mercati esteri, e per facilitare l'accesso al credito», dice Gianfranco Simoncini, assessore regionale alle Attività produttive. Il manifatturiero, come sostiene il fronte Confindustria-sindacati, è l'unica prospettiva concreta per creare posti di lavoro e ricchezza diffusa. La Toscana non esce male dal confronto sui trend regionali del periodo 2007-2011 pubblicato dal Sole 24 Ore lunedì 13 febbraio (è in sesta posizione, davanti a Piemonte e Veneto). Ma i nuvoloni che coprono il cielo di questo 2012 non autorizzano grande ottimismo.

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