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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2012 alle ore 07:00.

Il passato è glorioso. Il presente, incerto. E il futuro, come sempre, resta appeso alle scelte di oggi. Quell'ideale ragnatela di saperi e d'intelligenze che unisce le Università di Firenze, Pisa e Siena (rispettivamente fondate nel 1321, nel 1343 e nel 1240) con la Scuola Normale, l'Istituto S. Anna di Pisa e gli istituti del Cnr, offrirebbe alla Toscana una potenza di fuoco scientifico impressionante. Peccato che la ragnatela sia molto ideale e, per ora, poco reale.

«Sono arrivato a Pisa tre anni fa – commenta Vincenzo Barone, ordinario di Chimica teorica e computazionale alla Normale – e devo dire che, fra l'Università, il S. Anna e il mio istituto non c'è sufficiente dialogo, né vengono sfruttate le enormi sinergie possibili. A livello regionale, le cose vanno ancora peggio: non si punta abbastanza sulle eccellenze delle varie città e c'è troppa competizione».

Ma la competizione non è ormai il sale e il pepe del mondo universitario? «Certo – risponde Barone, che è anche presidente della Società chimica italiana – il mio laboratorio compete su scala nazionale e internazionale, come tutti. Ma su scala locale dobbiamo unire le forze, aggregarci e fare massa».

È un antico dibattito: sarà per la lunga crisi della ricerca scientifica nazionale – molto burocratica e poco meritocratica – sarà per l'eterna disfida dei campanili toscani, fatto sta che l'integrazione del mondo accademico regionale è scritta da tempo nel libro dei sogni. Ma chissà che finalmente non ne venga fuori.

«Con la legge 20 del 2009 – spiega Lorenzo Bacci, un dirigente della Regione che si occupa del coordinamento della ricerca – è nata la Conferenza regionale per la ricerca e l'innovazione, che entro breve pubblicherà un Atto di indirizzo pluriennale che guarda all'Europa e che definirà gli indirizzi strategici». Ovvero, su quali discipline, e di quali atenei, scommettere.

«Direi che da qualche tempo l'atmosfera è cambiata – osserva Massimo Inguscio, ordinario di Fisica della materia a Firenze e direttore del Dipartimento materiali e dispositivi del Cnr – e il tentativo politico di far convergere le istituzioni di ricerca, di mettere l'accento sui centri di eccellenza, potrebbe dare presto i primi frutti. Certo, bisogna fare delle scelte, anche coraggiose».

Il documento programmatico regionale è stato redatto ma non ancora pubblicato. Non c'è nulla di ufficiale ma, secondo alcune indiscrezioni, i filoni di ricerca sui quali la Toscana intenderebbe puntare sono la fotonica, le nanotecnologie, la information and communication technology, le neuroscienze, con particolare attenzione per la robotica e, fra le cosiddette scienze della vita, la biomedicina.

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