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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2012 alle ore 07:00.

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L'Ict italiana punta alla ripresaL'Ict italiana punta alla ripresa

Quello terminato da poco non è stato un anno buono per il mercato italiano dell'informatica e delle telecomunicazioni. Anzi. C'è chi, come Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting (società di ricerca e consulenza che elabora i rapporti Assinform), dice che il 2011 «è probabilmente il peggiore della storia del settore Ict italiano».

Le stime preliminari ‐ flessione fra 1,2-2,8% per l'It e fra 1,5-4,1% per le telco ‐ saranno quindi smentite in ulteriore difetto. E per una ragione molto semplice: il secondo semestre e in particolare il quarto trimestre dell'anno passato sono stati, dice Capitani, «molto negativi e il periodo natalizio non ha migliorato la situazione, esibendo una domanda consumer deludente». Sull'andamento del mercato Ict nel 2011 si era espressa, e in toni negativi, anche Sirmi, secondo cui il bilancio è in rosso del 3% rispetto al 2010, per un mercato da 58,3 miliardi di euro (20,5 miliardi per l'It e 37,8 miliardi per le tlc). A rendere il bilancio più pesante del previsto, nell'analisi di NetConsulting, è il fortissimo decremento dell'hardware, molto più evidente rispetto al software e non compensato dalla crescita dei tablet. Oltre un milione i tablet venduti nel corso del 2011 (secondo Sirmi), per un volume d'affari nell'ordine dei 476 milioni di euro, ma l'apporto in termini di fatturato è stato limitato dalle offerte pacchetto degli operatori di telefonia mobile. Il settore delle tlc, a detta di Capitani, risentirà di meno dell'involuzione della domanda, una tendenza al ribasso che sì «è meno patologica» ma è pur sempre condizionata «dalle tariffe flat e dal generalizzato downpricing di terminali e servizi».

E il 2012? Due le ipotesi possibili: una molto negativa, l'altra improntata all'ottimismo. La prima, stando a Capitani, si materializzerà nel caso banche e pubblica amministrazione centrale ridurranno drasticamente i budget per ragioni di cost saving e contenimento degli investimenti e il consumer spenderà meno a causa di un potere di acquisto in flessione. La seconda, invece, si potrebbe sviluppare rispetto a tre diverse direttrici, fra loro complementari. Una è legata a iniziative pubbliche e gli elementi in gioco sono l'Agenda digitale, un passaggio obbligato per la conformità ai nuovi parametri soprattutto per le Pmi; le smart city, al centro dei programmi del ministro dell'Istruzione Francesco Profumo; le iniziative a livello regionale, soprattutto in tema di banda larga. Le altre due chiamano in causa il cloud, con un'offerta più matura verso le Pmi e il consolidamento dei progetti di tipo 'private cloud' nelle grandi, e i servizi digitali per le famiglie come l'e-commerce. Se a questi elementi aggiungiamo la spinta a nuovi investimenti in Ict in arrivo dalle liberalizzazioni previste dal decreto «salva Italia», ecco che si creerebbe un effetto sistemico per accelerare il processo di digitalizzazione in tutto il Paese.

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