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Questo articolo è stato pubblicato il 29 febbraio 2012 alle ore 07:00.

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Dall'idea all'impresa. Coniugando ricerca, innovazione e capacità imprenditoriale, fino all'approdo sul mercato. È la sfida che accomuna i quaranta spin off nati negli ultimi cinque anni nei tre atenei della capitale. Ict, energie rinnovabili, biotech, ma anche beni culturali, nanotecnologie e gestione del rischio idrogeologico, sono solo alcuni dei settori nei quali le intuizioni nate nelle aule universitarie hanno dato vita a piccole e medie aziende, popolate da un mix di docenti, ricercatori, dottorandi e studenti, spesso affiancate da partner industriali o pubblici, e in alcuni casi capaci di fare il "grande salto", passando dal progetto al prototipo e, infine, al prodotto pronto per il mercato.

Alleanza con l'industria
Il maggior numero di spin off, nell'ultimo quinquennio, è stato costituito alla Sapienza, con 19 aziende "derivate" dalla ricerca. La strategia dell'università per il trasferimento tecnologico è di promuovere la partecipazione di soggetti terzi nello sviluppo delle imprese: tutti gli spin off, infatti, hanno nella compagine sociale una o più imprese industriali, in grado di fornire competenze manageriali complementari al know how universitario. Una politica che sembra dare i suoi frutti visto che, fanno sapere dall'ateneo, «le dodici aziende che hanno chiuso il bilancio 2010 (le restanti sono state costituite tra 2011 e 2012, ndr) hanno prodotto, nonostante la crisi, un giro d'affari di quasi 2 milioni, con una considerevole crescita media rispetto all'anno precedente».

Sono tre le imprese "made in Sapienza" guidate direttamente da giovani ricercatori, con la supervisione scientifica dei docenti più esperti. Si tratta di Sistema, spin off che si occupa di software per la pianificazione nei trasporti e ingegneria di traffico, logistica e infomobilità, Nhazca, focalizzata sul monitoraggio di eventi naturali e riduzione dei rischi (si veda l'articolo a fianco), Aicomply, fucina di servizi innovativi per il "compliance management", ovvero la gestione delle attività che un'azienda deve mettere in campo per adeguarsi ai requisiti legislativi in vigore e all'introduzione di nuove norme.

Focus sulle rinnovabili
È sulle energie rinnovabili, che si concentra uno dei filoni più fecondi a Tor Vergata. Ateneo che qualche anno fa ha dato vita, attraverso il dipartimento di Ingegneria elettronica e in collaborazione con la Regione Lazio, al Polo solare organico (Chose - Center for hybrid and organic solar energy), laboratorio sorto al Tecnopolo tiburtino (con 30 unità di personale) per sviluppare in chiave produttiva il know how accademico sul fotovoltaico di nuova generazione, e in particolare sull'utilizzo di materiale organico per realizzare le celle. Un'incubatrice dalla quale sono usciti già quattro spin off, che stanno ormai per completare la fase di start up e sono già presenti sul mercato con prodotti finiti. In totale, sono 18 le imprese nate a Tor Vergata negli ultimi cinque anni, dalle nanotecnologie alla gestione dei dati satellitari. A spiegare il ruolo dell'università nel farsi "trait d'union" tra mondo della ricerca e tessuto produttivo è Pietro Masi, prorettore e coordinatore al trasferimento tecnologico di Tor Vergata: «La proiezione di nuove creazioni intellettuali e industriali verso un contesto imprenditoriale e la loro trasformazione in "prodotti", che siano beni o servizi – spiega – suppone il supporto nel trasferimento tecnologico, nella comunicazione e nella commercializzazione. Azioni che richiedono investimenti in capacità organizzative e nella sinergia con le imprese portatrici di esperienza relativa alle esigenze dei mercati nazionali e internazionali».

Alla ricerca di capitali
A Roma Tre, per sostenere le nuove imprese (tre quelle in pista) si fa ricorso a fondi di "seed capital", per finanziare i primi investimenti nella fase di start up, cercando poi partner industriali anche nel tessuto delle Pmi laziali. L'ultima iniziativa avviata dall'ateneo, appena ammessa all'ultimo bando Filas (la finanziaria regionale per l'innovazione), è Global Geo Lab, spin off in via di costituzione guidato da due ricercatori di Scienze geologiche e che si occuperà di software di georeferenziazione insieme a un'impresa locale che lavora per Google Maps. Una delle aziende "prodotte" dall'ateneo negli anni passati, invece, Chi technologies (specializzata nello sviluppo di programmi per motori di ricerca) cammina ormai sulle proprie gambe: circa un anno fa, infatti, è stata interamente acquisita dal socio industriale.

L'approdo su mercato, in ogni caso, resta una corsa a ostacoli per le aziende nate in università. «Gli spin off – afferma Alessandro Albino Frezza, responsabile ufficio relazioni industriali (Ilo) di Roma Tre – scontano tempi lunghissimi per ottenere l'erogazione dei finanziamenti pubblici e gravi difficoltà di accesso al credito, concesso solo sulla base di fatturati e capitale sociale, senza tenere conto del rating tecnologico dei progetti, ovvero del loro potenziale innovativo. Un aspetto fondamentale, invece, soprattutto in un territorio in cui solo il 10-15% delle Pmi ha una forte propensione all'innovazione e dove, quindi, gli spin off mettono a disposizione del tessuto produttivo nuove soluzioni tecnologiche».

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