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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2012 alle ore 07:00.

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On your mark… get set…bake!» urlano all'unisono Mel e Sue, le presentatrici del seguitissimo programma inglese "The Great British Bake Off". In ogni episodio, un gruppo di sconosciuti si sfida su un tema diverso, dalla meringa perfetta ai canapès più creativi, passando per i dolci e i salati classici della tradizione britannica quali la Bakewell Tart, il Cornish Pasty, la Victoria Sponge. Un fenomeno isolato e di nicchia?

Per niente. La seconda serie, andata in onda prima di Natale, ha ottenuto addirittura uno share d'audience superiore a quello di X Factor. Passando all'Italia il successo di MyChef, altra formula sempre importata dalla Gran Bretagna (trasmissione ci sono gruppi in gara giudicati da cuochi famosi) è andato al di là di ogni previsione. La Prova del cuoco, giunta alla sua 12 candelina, continua ad essere una delle trasmissioni più di successo del canale Rai, inseguito dopo il felice format di Cotto e Mangiato da Le Ricette di Benedetta, un successo televisivo continuato su libri Rcs.

Dalla Tv ai libri, dunque, ma soprattutto alle tante manifestazioni aperte agli addetti ai lavori e al pubblico che da qualche anno a questa parte anche in Italia hanno fatto esplodere la cibomania e l'interesse per haute cuisine. «Un fenomeno culturale che trasversalmente accomuna appassionati, addetti ai lavori, turisti ma che indubbiamente fa da cassa di risonanza al prodotto made e alla sua tradizione – spiega Silvia Dorigo manager della Brand Events UK, multinazionale britannica organizzatrice di eventi rivolti al consumer che ha inventato i Taste Festival, portandolo a Milano nel 2010 – il ritorno in termini di immagine è elevatissimo per non trascurare l'indotto che sviluppa sulla città, sugli chef e sui ristorante coinvolti».

In termini di ritorni un benchmark di riferimento per tutti è la principale manifestazione del settore: il Salone del Gusto di Torino che ogni due anni, celebra le specialità e la qualità altissima anche dei più piccoli produttori. Il Salone del Gusto è un marchio che vale 2,35 milioni di euro e le sue ricadute sul territorio, materiali e immateriali, si attestano intorno ai 65 milioni. Un valore stimato da ICM Research, in collaborazione con l'IP Finance Institute. Una valutazione che evidenzia la rilevanza strategica del brand in un mercato in forte crescita come quello dei prodotti e del turismo enogastronomici, vettore di sviluppo dei prodotti e della cultura del settore di riferimento, con un alto impatto territoriale.

Il Salone ha vissuto negli anni un'evoluzione numerica importante: dai 138.000 nel 2002 ai 200.000 visitatori nell'ultima edizione e un trend crescente nella partecipazione degli espositori (passati da 500 a 912 in cinque edizioni, a cui si abbina il loro giudizio positivo sulla presenza all'evento. Come Taste Milano (che da quest'anno replica anche su Roma) ci sono poi da nord a sud una serie di eventi alcuni piccoli altri grandi che con un file rouge in comune (la convivialità) promuovono il gusto italiano ma sopratutto i suoi prodotti più di qualità. Al sud da otto anni c'è Festa Vico a Vico Equenze, ideato dallo chef stellato Gennaro Esposito. All'ultima edizione hanno partecipato circa 80 chef stellati tra i migliori d'ltalia, oltre 50 chef emergenti, 40 aziende partner, 40 aziende vinicole presenti, oltre 200 ristoratori da tutta ltalia e 400 operatori del settore).

Tra quelle super collaudate, alla sua ottava edizione c'è Identità Golose Milano 2012 che quest'anno ha dialogato per la prima volta con il Milano Food & Wine Festival. I numeri del congresso di cucina d'autore 2012 sono importanti: più 30% sia di pubblico sia di aziende, quasi 7.800 richieste di pre-accredito che sono diventate 10mila presenze calcolando gli arrivi dell'ultimo minuto (l'anno scorso ci si era fermati a 7.500), quasi 900 giornalisti e foodblogger, oltre 80 espositori, 6 sale a disposizione contro le 3 del 2011, 9mila metri quadrati a disposizione nel MiCo Centro Congressi di via Gattamelata, circa 80 relatori contro i 18 della prima edizione.
Omnipresenti gli star chef, da Carlo Cracco a Massimo Bottura, da Gennaro Esposito al numero uno al mondo, il danese René Redzepi e non sono mancati i debuttanti (48) «Rispetto agli eventi aperti anche al pubblico noi puntiamo agli addetti ai lavori – spiega Ugo Pizzini, patron del Rosa Alpina di San Cassiano nel team organizzatore che da sette anni da vita alla Chef'cup in Alta Badia sulle Dolomiti - siamo partiti con tre giorni per arrivare a una sei giorni in cui accanto alle gare ai fornelli e alle degustazioni, organizziamo anche convegni e dibattiti.

Ma il nostro pubblico ama la convivialità e questo crea ritorno per gli sporsor, per il territorio ma sopratutto per il nostro brand. Ci hanno chiamato perfino negli Stati Uniti per organizzare qualcosa di simile. Un segnale che l'evento piace ed è seguito». Quest'anno sulle Dolomiti hanno gareggiato nove regioni italiane, sette paesi, sono stati distribuiti 15.200 pasti, bevute 330 bottiglie di Ferrari, 1200 bottiglie di vino, 50 bottiglie di Gin e 500 bottiglie di birra. E non è mancata l'educational: sei corsi di cucina con un totale di 90 partecipanti.

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