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Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2012 alle ore 07:00.

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Un "artigiano nel mondo". Brunello Cucinelli, classe 1953 da Castel Rigone a due passi da Perugia, ama l'uso delle metafore. Il re del cachemire dopo lunghe riflessioni ha deciso che sì, vale la pena quotare il 35% del suo gruppo che nel 2011 prevede ricavi a 245 milioni, «perché – afferma – credo che il rapporto fra industria e finanza vada ricostruito. Io voglio affidare al mercato la tutela della mia azienda da qui a 50 anni».

Da giovane Cucinelli si era iscritto alla facoltà di Ingegneria, a Perugia, ma l'esperienza è durata relativamente poco, tuttavia la laurea arriva ugualmente, ma in tutt'altra materia: l'Università di Perugia nel novembre del 2010 gli ha conferito una laurea honoris causa in Filosofia ed etica delle relazioni, la sua lectio doctoralis ha un titolo, «La dignità come forma dello spirito», che in qualche modo rende manifesta la sua vocazione filosofica, tanto che nell'ambiente dell'alta moda italiana viene chiamato "il filosofo". Certo è che la velocità di pensiero ma soprattutto di azione dell'imprenditore umbro è fuori discussione.

Come quella di tanti altri industriali italiani, anche quella di Cucinelli è una storia nata dalla fantasia. Poco prima degli anni 80 in Italia il cachemire era appannaggio degli uomini: cappotti e giacche, soprattutto. Cucinelli ha un'intuizione e presenta un piccola collezione di cachemire colorato al femminile. Ci poteva pensare chiunque, ma non succede. La minicollezione ha degli estimatori in Trentino-Alto Adige che infatti decidono di comprarla. «Piaceva anche ad altri – racconta Cucinelli – ma gli unici disposti a pagare erano loro». Così nasce la storia di un gruppo che nel giro di pochi anni andrà alla conquista del mondo. Subito dopo gli anni 80, il marchio si afferma in maniera molto forte in Germania Ovest.

E poiché l'abilità da sola può non bastare verso l'84-85 il Governo italiano, per facilitare le esportazioni finanzia l'export fino all'80 per cento. «Era una vera manna da cielo – aggiunge l'imprenditore – bastava tornare dalle fiere con gli ordini di acquisto estero per poter ottenere questi benefici». La strada è in discesa, ormai, e la società aumenta ordini e fatturato di giorno in giorno. Il numero dei dipendenti aumenta anch'esso in maniera esponenziale, «anche se rimane sempre una famiglia, come quando all'inizio eravamo in dieci e tutti facevamo tutto», commenta. Ma il mondo non finisce alla Germania né al Trentino-Alto Adige. Nell'85 Cucinelli porta il suo cachemire di alta gamma nel mercato del lusso più grande del mondo: l'America.

Che non tradisce le aspettative. Cucinelli e i suoi collaboratori fanno funzionare la fantasia. Si cerca il modo di fare arrivare i capi ordinati direttamente nei negozi dei clienti americani, senza che questi abbiano l'incombenza di andare alla frontiera. L'escamotage, che poi è un bel servizio, funziona. I clienti Usa apprezzano e il mercato americano si allarga da New York a Los Angeles, passando per tutte le principali città del Paese. A poco meno di dieci anni dall'inizio dell'avventura, Brunello Cucinelli nonostante i numeri siano sempre più grandi ha solo 30 dipendenti e 10 miliardi di lire di fatturato. È grandicello ma non ancora grande. Così decide il trasferimento dell'azienda a Solomeo, a dieci chilometri da Perugia. Lì acquista il castello trecentesco, dove, nel 1987, inaugura la nuova sede. In virtù anche della sensibilità umanistica, inizia l'attività di recupero e di riqualificazione dell'antico borgo realizzando spazi dedicati all'incontro e alla cultura.

Per rispondere all'ideale rinascimentale di bellezza, fa realizzare un complesso architettonico e paesaggistico, denominato Foro delle arti, dove trovano ubicazione un teatro, un anfiteatro l' Accademia neoumanistica impreziosita da una ricca biblioteca. Lui dice che l'arte è la sua vita, così scuce 1,5 milioni di euro per rimettere a posto l'Arco etrusco di Perugia. Di lì a qualche anno anche i giapponesi vestono cachemire Cucinelli, ma la vera svolta arriva nel 2001. «L'azienda che produceva prodotti di maglieria – dice Cucinelli – fa allora il grande passo passando al total look. Una vera e propria sfida. Noi ci mettiamo creatività, qualità, fantasia e il made in Italy apprezzato in tutto il mondo». Un made in Italy reale perché l'80% delle produzioni di Cucinelli sono concentrate in Umbria, il resto in Toscana, Veneto e Abruzzo, «perché l'Italia è il paese degli artigiani». I numeri che non mentono mai, oggi parlano di un gruppo da 720 dipendenti, fra i quali moltissimi giovani «cui bisogna dare dignità morale ed economica», conclude con un tocco di filosofia "l'artigiano nel mondo".

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